Il clan Ferrara-Cacciapuoti aveva un ruolo molto importante sul territorio di Villaricca, e per questo una protezione di alto livello nel panorama criminale campano.
E’ quanto emerge dall’ordinanza firmata dal gip Marco Giordano del Tribunale di Napoli, per 19 misure cautelari per boss e gregari della cosca su 38 indagati in una inchiesta dei carabinieri e della Guardia di finanza. I Ferrara in particolare coprirono tra l’altro la latitanza del superboss Eduardo Contini, uno dei capi del cartello piu’ importante e potente della Camorra napoletana, ovvero l’Alleanza di Secondigliano.
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A raccontarlo, il pentito Giuseppe De Rosa, che agli inquirenti il 30 giugno 2015 racconta di avere incontrato piu’ volte Contini nel periodo in cui era ricercato. Il clan Ferrara aveva messo a disposizione di Contini un appartamento nei pressi della villa di Villaricca di Domenico Ferrara, accanto a un noto parco giochi dell’hinterland a Nord di Napoli.
In questo modo il capoclan ha potuto continuare a reggere il suo clan. Lo spaccio, nel territorio di loro competenza, era vietato dal clan per non avere blitz e controlli mentre esercitava gli ‘affari’, estorsioni soprattutto.
La circostanza viene riferita ai pm dal collaboratore di giustizia Vito Guadagno: “I capi del clan Ferrara e Cacciapuoti ci tengono a sottolineare che essi non ammettono la gestione di piazze di spaccio a Villaricca perche’ essi si devono dedicare agli affari e non attirare i controlli delle forze dell’ordine”.
Il boss Domenico Ferrara, nel racconto del pentito Giuseppe De Rosa, affiliato ai Contini e uomo di fiducia del capoclan Edoardo, insieme a quello del nipote Teodoro, anche lui collaboratore di giustizia, aveva il compito di riportare, reciprocamente, i messaggi fra Contini e l’altro boss pure latitante Patrizio Bosti, nonche’ tra questi due e gli esponenti di vertice del clan Mallardo di Giugliano e dei Licciardi dell’Alleanza di Secondigliano.
E un altro affiliato di spicco, Domenico Ciccarelli, sempre durante la latitanza di Contini, organizzava summit di Camorra a cui prendevano parte lo stesso Contini e i boss Luigi Cacciapuoti, Domenico Ferrara e Raffaele Mallardo detto Scicchirocco.
“Contini era latitante e mi mando’ una ambasciata attraverso Peppe ‘o guaglione, ovvero Ammendola Giuseppe, che e’ un affiliato di spicco del clan e braccio destro, appunto, di Eduardo e che, proprio in seguito all’arresto di quest’ultimo, ne ha preso il posto – racconta Giuseppe De Rosa – Peppe ‘o guaglione mi disse di andare alla rotonda di Villaricca e di fermami vicino alla palestra perche’ mi sarebbero venuti a prendere e che mi avrebbero portato da Eduardo Contini.
Andai li’ da solo, con l’auto; arrivato al luogo indicato, fui avvicinato appunto dal titolare dell’officina meccanica che mi chiese ‘sei Pino?’ e, quando gli dissi di si’, mi disse di parcheggiare e di andare con lui. Ci recammo pertanto in un parco a bordo dell’auto del titolare dell’officina meccanica e siamo andati a casa di Mimmo, che e’ una villa con custode.
Mimmo mi accompagno’ in un appartamento al piano rialzato, allocato di fronte alla villa, ove incontrai Contini. Quest’ultimo mi presento’ Mimmo, ovvero Mimi’ Ferrara che e’ un esponente di spicco della criminalita’ organizzata, con forti collegamenti proprio con i gruppi camorristici che fanno parte dell’Alleanza di Secondigliano.
Ferrara fa da tramite tra i vari gruppi. Il contenuto dell’incontro riguardava il matrimonio di sua figlia Antonella con Massimo Botta che si sarebbe tenuto di li a tre giorni in quanto Eduardo Contini voleva mangiare tutto cio’ che avrebbero consumato gli invitati al matrimonio.
Ho raggiunto piu’ volte Contini durante la sua latitanza sempre presso quel appartamento…che veniva sistematicamente usato da lui …. pero’ vi si tratteneva ogni volta per due tre giorni. Cio’ e’ durato per circa un annetto”.
Le dichiarazioni dei due Di Rosa, annota il gip, hanno permesso di ricostruire come, dopo una discussione sorta tra alcuni affiliati del clan Mallardo ed esponenti del clan Contini per la cattiva gestione da parte di questi ultimi di un supermercato, in cui erano stati investiti soldi dei Mallardo, Domenico Ferrara intervenne, su richiesta di questi ultimi, per ricomporre gli animi, assicurando ai Mallardo il recupero della ingente somma di denaro investita. Un’altra prova del ruolo ‘diplomatico’ di questo boss che ha assicurato ai Ferrara il dominio nel territorio di Villariccca.
A finire in carcere il capo della cosca Domenico Ferrara, detto Mimì o’ muccuso, Giuseppe Cacciapuoti (52 anni), Domenico Cacciapuoti (33), Mimmo Cacciapuoti detto «Maradona» (38), Filippo Cacciapuoti (53), Vincenzo D’Anania (69), Giulio D’Altrui (53), Francesco Ferrara (58), Giuseppe Maglione (74), Eduardo Mauriello (60), Giovanni Mauriello (64), Giuseppe Mauriello (58), Antonio Montella (50), Luigi Montella (52), Domenico Paragliola (52) e Francesco Sarracino (58). Ai domiciliari Gennaro Palladino 62 anni.
Sotto chiave ci sono finiti i beni del clan, società e locali riconducibili al gruppo criminale. Si tratta della “Commercio e futuro srl”, che gestiva i supermercati Deco di Villaricca e Mugnano, la “Sarracino Petroli sas” che gestiva a Orta di Atella l’impianto di distribuzione carburanti Total Erg, oggi con l’insegna Ip, la “Gda Sas” che gestiva l’impianto Eni-Agip a Varcaturo via variante Ss 7 Quater, la “Insieme 2.0 srl” e la “Lima srl” che gestivano la “Star Bar Sala Slot Caffè Tabacchi” di Giugliano sulla SS7 Bis Quater Domitiana.
E ancora il “Pacos Novanta Punto Venti” che gestiva la braceria “Pacos” di Villaricca e infine “Insieme srl», che gestiva la braceria e paninoteca l’Avenir di Villaricca in via Fermi. Questi due ultimi locali sono molto noti e conosciuti nell’area a nord di Napoli. Sopratutto l’Avenir era divenuto luogo di incontro di giovani e adulti con serate e aperitivi alla moda.
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