È stato condannato alla pena di tre anni e otto mesi il partenopeo Alfonso Santaniello, oggi 32 anni, l’automobilista che il 29 novembre 2021, poco dopo le 9 di sera, in via Milano a Napoli, ha investito con un Suv, una Maserati Levante, e ucciso a soli 28 anni l’incolpevole Adrian Olmo, anch’egli napoletano, mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali poco distante da casa, dandosi poi alla fuga e omettendo di soccorrerlo, ennesimo, gravissimo caso di pirateria stradale.
La sentenza è stata pronunciata all’esito dell’udienza del processo tenutasi quest’oggi, martedì 13 giugno 2023, in Tribunale a Napoli, dal giudice dott.ssa Ambra Cerabona: l’imputato, che doveva rispondere del reato di omicidio stradale con l’aggravante appunto della fuga, ha potuto beneficiare della riduzione di un terzo della pena in ragione del rito abbreviato scelto, il Pubblico Ministero titolare del relativo procedimento penale, dott.ssa Francesca Falconi, aveva chiesto cinque anni.
L’entità della condanna non gli consentirà però di usufruire della sospensione condizionale della pena ma, essendo sotto i quattro anni, potrà chiedere in sede esecutiva i benefici previsti dall’ordinamento penitenziario come l’affidamento in prova ai servizi sociali, richiesta che tuttavia dovrà essere avallata dal giudice.
Una condanna che, per quanto non simbolica, lascia però profondamente amareggiati i familiari della vittima, che sono stati assistiti, attraverso il consulente personale dott. Vincenzo Carotenuto, da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini.
I congiunti del giovane, attraverso Studio3A, sono già stati da tempo integralmente risarciti ma si aspettavano soprattutto una pena esemplare per l’investitore, e invece “nessuna giustizia per la morte del nostro caro – commentano amaro – Adrian, un ragazzo pieno di vita e speranze, è stato ucciso mentre rientrava a casa per cena, e attraversava la strada sulle strisce pedonali, da un pirata della strada che procedeva a tutta velocità su un potente Suv in via Milano a Capodimonte-Porta Piccola, a pochi metri dall’ingresso del Parco e Museo di Capodimonte.
È stato investito e sbalzato per 17 metri sull’asfalto. Il suo assassino (così deve essere chiamato) è scappato vigliaccamente via lasciandolo in fin di vita sulla strada. Il nostro ragazzo è morto poco dopo in ospedale per le gravissime lesioni riportate. Aveva appena compiuto 28 anni. L’investitore si è presentato solo dopo due giorni alla Polizia Municipale, che già era sulle sue tracce, accompagnato da due legali” ricordano con dolore i familiari di Olmo.
“Il Pubblico Ministero, constatata la sua palese responsabilità, lo ha rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio stradale con l’aggravante della fuga ed omissione di soccorso e violazione delle norme del Codice della strada” aggiungono: la dott.ssa Falconi, a chiusura delle indagini preliminari, ha infatti imputato a Santaniello l’esclusiva colpa dell’investimento, “consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e violazione delle norme del codice della strada, segnatamente degli articoli 141, che prevede l’obbligo di regolare la velocità in modo da evitare ogni pericolo per la sicurezza delle persone, e dell’art. 191 che prevede l’obbligo dei conducenti di fermarsi quando i pedoni transitano sulle strisce pedonali” per citare la sua richiesta di processo.
Violazioni aggravate dalla successiva ed esecrabile condotta tenuta, non essendosi fermato a soccorrere la vittima ed essendo fuggito: peraltro, non si saprà mai se stesse anche guidando sotto l’effetto di alcol o droghe, essendosi reso irreperibile non lo si è potuto sottoporre, come necessario nell’immediatezza, agli accertamenti ematici.
Tuttavia, pur a fronte di questi gravi reati, “dopo numerose udienze e rinvii, alla fine di un lungo ed estenuante calvario per noi familiari, all’imputato è stata comminata, con sentenza emanata dal Giudice dell’udienza preliminare, una condanna a 3 anni ed 8 mesi, con lo sconto di pena di un terzo che gli è stato concesso avendo chiesto il rito abbreviato, per cui, non superando il minimo di quattro anni per ottenere la pena detentiva, non si farà neanche un giorno di carcere per aver ucciso Adrian – proseguono i suoi congiunti – Nessuna giustizia quindi per la morte del nostro ragazzo, perché questa è la giustizia penale in Italia: garantista e premiale nei confronti dell’imputato che ha commesso il reato, completamente indifferente nei confronti di chi, come il nostro Adrian, ha perso la sua giovane vita per colpa di un “assassino” che non sconterà neanche un giorno di galera per il delitto commesso.
Ogni nostra speranza e fiducia nella giustizia è risultata vana. Una chimera! Ci assale una profonda angoscia e delusione per il modo in cui viene amministrata e negata la giustizia in questo Paese. Il nostro adorato e meraviglioso Adrian, che ha perso la vita nel pieno della sua gioventù per colpa di un pirata della strada, con questa ingiusta e assurda sentenza è stato ucciso una seconda volta. E anche noi con Lui”. Parole forti che fanno pensare.
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