È finito sotto processo – ed è tuttora sospeso dal servizio – perché riconosciuto in video da tre detenuti, che però si erano sbagliati.
È quanto emerso a carico del poliziotto penitenziario Maurizio Colurciello, imputato nel processo sulle violenze ai detenuti avvenute il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
Colurciello non fu arrestato come è accaduto ad altri suoi colleghi, ma colpito da misura giudiziaria interdittiva, ed è tuttora sospeso in via amministrativa dal servizio e con uno stipendio ridotto. È l’avvocato di Colurciello, Luca Tornatora, a far emergere l’errore di identificazione fatto in sede di indagini preliminari.
“Non era lui” ammette dal banco dei testimoni, sollecitato dalle domande di Tornatora, il brigadiere dei carabinieri Vincenzo Medici, l’investigatore che ha curato la delicata fase dei riconoscimenti degli agenti da parte dei detenuti vittime dei pestaggi, la cui audizione è in corso da sei udienze.
Tornatora fa poi notare che “invece sulla scheda identificativa redatta dai carabinieri e usata dall’autorità giudiziaria per emettere e confermare le misure restrittive a carico di Colurciello, è rimasto solo l’atto di accusa dei tre detenuti, e non è stato scritto che si erano sbagliati, come era emerso poco dopo”.
Il legale esamina poi Medici anche sulla posizione del Commissario della penitenziaria Anna Maria Costanzo (fu posta agli arresti domiciliari, poi annullati), ritenuta dalla Procura come una delle organizzatrici della perquisizione degenerata nelle violenze ai detenuti.
Lo stesso Medici ha affermato che “la Costanzo non ha mai posto in essere atti di violenza e che solo una volta ha assistito a schiaffi dati ad un detenuto da un agente del nucleo esterno”. Anche per l’agente Alessio De Simone, tuttora sospeso come Colurciello, è emersa l’estraneità alle violenze, confermata dal teste Medici.
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