Nei messaggi scritti a Giulia Tramontano dopo averla uccisa, allo scopo – secondo gli inquirenti – di depistare le indagini sulla sua scomparsa, Alessandro Impagnatiello si lamentava di avere i “giornalisti che mi stanno molestando sotto casa.
Ti prego – supplicava la donna morta quattro giorni prima – è invivibile così”. E’ dalla mezzanotte di sabato, poche ore dopo averla uccisa, che Impagnatiello inizia a inviare messaggi all’utenza della sua vittima.
La mattina successiva le scrive dal lavoro, raccomandandole di riposarsi. E di fronte al silenzio di lei, ormai morta: “Hey ma sei ancora a letto?”. E così per tutta la giornata di domenica, quando viene sporta la denuncia di scomparsa. I messaggi proseguono anche nei giorni successivi, mentre continua la disperata ricerca della 29enne.
“So che non son stato un fidanzato ideale negli ultimi mesi. Ti ho mancato di rispetto. A te che sei stata la prima ed unica ragazza ad avere accolto mio figlio”, scrive Impagnatiello, già padre di un bambino avuto da una precedente relazione.
“Mi hai fatto esplodere il cuore. Non volevo spezzare il tuo io invece. Non volevo che non ti brillassero più gli occhi quando stavamo insieme. Hai il pieno delle ragioni, ma voglio chiederti solo un favore: dicci solo che stai bene”, le parole che rivolge alla donna che ha ucciso due giorni prima.
“Ma veramente prima ancora di far nascere un bambino tu vuoi già dividerci? Vuoi farlo nascere con due genitori già separati ? Ma che madre sei!!! Ma te lo chiedi?”. Il 25 maggio scorso Alessandro Impagnatiello scrive così a a Giulia Tramontano, la sua fidanzata incinta di sette mesi e da lui uccisa due giorni dopo.
Quel giorno i due, come si evince dai WhatsApp agli atti dell’indagine, stanno discutendo. Le gli ripete di non essere “felice” e che loro storia era al capolinea. “Accetta la mia decisione e chiudiamo il discorso. Non voglio altre discussioni, frustrazioni, ansie e rabbia continua, lasciami stare”.
La mattina del 31 maggio, dopo aver lasciato – stando alla confessione fatta la notte successiva – il corpo di Giulia in un’intercapedine, Alessandro le scrive ancora, chiamandola affettuosamente “Tata”.
E dopo essersi lamentato dei giornalisti sotto casa, “Siamo al quarto giorno oggi, finiscila con questa storia e batti un colpo, ti supplico”. E’ l’ultimo messaggio, poche ore dopo Impagnatiello, di fronte alle prove ormai evidenti raccolte contro di lui dagli inquirenti, confesserà l’omicidio, facendo ritrovare il corpo della 29enne incinta.
Alessandro Imagnatiello, il barman da due giorni rinchiuso nel carcere di San Vittore per aver ucciso Giulia Tramontano, la sua fidanzata incinta di sette mesi, si trova in una cella per i detenuti cosiddetti a rischio al quinto raggio.
L’uomo che da quando è stato fermato ha ripetuto più volte che “l’unico pentimento che abbia un senso è togliermi la vita” è infatti controllato con maggiore attenzione rispetto agli altri. Da quanto di è saputo, inoltre, non ha contatti con gli altri carcerati. Le sue condizioni sono comunque compatibili con il regime carcerario.
Con una lettera immaginaria scritta alla mamma Giulia da Thiago, Chiara Tramontano, la sorella della ventinovenne uccisa incinta di sette mesi dal fidanzato Alessandro Impagnatiello, è tornata in una storia su Instagram a parlare dell’omicidio e delle accuse nei confronti del barman, che includono la interruzione non consentita di gravidanza.
“Io non ero una gravidanza mammina, ero una persona. Avevo braccia, gambe, testa e cuore”. “Lui mi ha ammazzato. Ci ha ammazzati entrambi!”. “Quello un mostro è, senza cuore. Ci ha ammazzati, mammina Giulia, senza pietà”.
“Nel mese di gennaio 2023 mia sorella mi riferiva che Alessandro le aveva confidato di avere un’altra relazione sentimentale con un’altra ragazza e che, per via di questa situazione, stava pensando di abortire in quanto era incinta di Alessandro”.
E’ quanto ha messo a verbale la sorella di Giulia Tramontano, la 29enne uccisa dal compagno Alessandro Impagniatiello, Chiara Tramontano sentita dai carabinieri lunedì 29 maggio. Voleva “aiutare Giulia nel suo intento ma, avendo superato il novantaseiesimo giorno di gravidanza, non le era possibile abortire”.
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