Le immagini parlano chiaro: la sua sicurezza nei movimenti è quasi sconcertante. Con una mano guida il motorino, con l’altra impugna un mitra. Eppure Giuseppe, quel ragazzo in sella a uno scooter, a diciassette anni, figlio di un affiliato al clan D’Avino di Somma Vesuviana, ucciso anni fa, ora vuole seguire le orme del padre defunto.
E allora si mette in mostra con fare spregiudicato insieme con l’amico 19enne Emanuele Civita. Imbracciano mitra e pistola perché si devono vendicare dell’affronto subito davanti a quel bar di sant’Anastasia. E sparano, sparano senza fermarsi. Senza considerare che ci sono persone che nulla hanno a che vedere con lite che avevano avuto poco poco con latri coetanei.
E questo il film del raid di Sant’Anastasia in piazza Ammiraglio Carlo Cattaneo, nella quale sono rimasti feriti i componenti una famiglia – padre, madre e figlia – che stavano mangiando un gelato. Le immagini di quei drammatici momenti sono state consegnate agli investigatori nell’immediatezza della sparatoria e hanno consentito di risalire in breve tempo ai due spericolati pistoleri.
Alcuni frame di quel video sono allegate al fermo che la giudice del tribunale per i minorenni di Napoli. Angela Draetta ha convalidato nei confronti di Giuseppe. Assistito dall’avvocato Antonio Sorbilli, il17enne si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Secondo quanto si è appreso da Antonio Sorbilli, legale del 17enne, la sparatoria è nata nell’ambito di uno scontro tra giovani di Sant’Anastasia e delle vicina Somma Vesuviana. Il minorenne è accusato, come anche il maggiorenne, Emanuele Civita, di tentato omicidio e porto illegale di arma in concorso.
“Ricorreremo al Tribunale del Riesame”. Ha poi annuncia l’avvocato del 17enne. Il gip presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli ha convalidato il provvedimento di fermo notificato al giovane dai carabinieri di Castello di Cisterna e disposto per lui la detenzione in un istituto penale minorile.
Oggi è in programma la convalida dell’altro indagato, il 19enne Emanuele Civita, di Somma Vesuviana, difeso dall’avvocato Fabio Marfella. Per gli inquirenti, è stato un agguato premeditato, commesso con metodo camorristico. Entrambe le aggravanti sono state ritenute sussistenti dalla giudice Draetta.
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