L’indagine, sviluppata tra il gennaio del 2022 e febbraio del 2023, ha permesso di documentare, attraverso l’approfondimento di pregresse emergenze investigative, intercettazioni e pedinamenti, che consolidavano le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, l’operatività del
clan Licciardi nel 2013 e il coinvolgimento degli indagati, nell’esecuzione dell’omicidio del sodale
Salvatore Esposito detto Totoriello, scomparso il 27 settembre del 2013.
Le investigazioni, hanno permesso di ricostruire il movente, individuato nella punizione d’onore, per la relazione della vittima con la moglie di un appartenente alla famiglia Licciardi all’epoca detenuto.
L’omicidio in una cava di tufo a Chiaiano
Le fasi organizzative e preparatorie, attraverso le quali gli indagati, attiravano la vittima in una zona periferica, impervia e boschiva della città di
Napoli, in territorio di
Chiaiano, all’interno di una vasta area in cui risultano presenti numerose
cave di tufo abbandonate. Una volta sul posto con la partecipazione di elementi di vertice del clan Polverino-Simioli operante in Marano di Napoli, eseguivano l’omicidio dell’Esposito, uccidendolo con alcuni colpi d’arma da fuoco.
Successivamente, il cadavere della vittima, veniva sciolto nell’acido, da parte degli affiliati al clan Polverino-Simioli costola dello storico clan Nuvoletta, utilizzando le tecniche, evidentemente apprese in precedenza da uomini di Cosa Nostra Palermitana, quando nel 1984, in ausilio a Lorenzo Nuvoletta, deceduto, all’epoca vertice dell’omonimo clan e affiliato a Cosa Nostra, alcuni esponenti siciliani, parteciparono, sia per scelte di strategia mafiosa che come specialisti della tecnica di occultamento dei cadaveri per scioglimento nell’acido, al quintuplice omicidio ai danni di Vastarella Vittorio, Vastarella Luigi, Salvi Gennaro, Di Costanzo Gaetano e Mauriello Antonio avvenuto a Marano di Napoli il 19 settembre 1984.
Per quest’ultimo delitto, inserito nella contrapposizione armata tra le famiglie Gionta-Nuvoletta e Alfieri-Bardellino, nel 2008 veniva condannato in via definitiva, quale mandante, Salvatore Riina.