“Signora, sono l’avvocato Bovera. Suo figlio ha investito una donna. Hanno ricoverato entrambi. Sono gravi”.
Siamo a Milano, dall’altro capo del telefono Vittoria Caproni, 87enne ereditiera del fondatore delle omonime Officine che fecero volare gli aviatori di due guerre mondiali.
Pronti ad entrare in azione i componenti della banda di trasfertisti provenienti dal quartiere di Forcella a Napoli. Il colpo grosso è stato portato a termine il 10 gennaio scorso: quasi 4 milioni di euro. Lingotti d’oro per un milione e mezzo di euro prelevati dalle tre cassaforti nell’appartamento della donna in via Durini a Milano, oltre a gioielli, orologi e una collezione di monete antiche per altri due milioni e mezzo.
La banda però è stata identificata e così la polizia ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dalla Procura di Milano, nei confronti di quattro persone: si tratta del 42enne Luigi Giuliano, della nota famiglia di Forcella, della 56enne Rosaria Maranta entrambi specialisti delle truffe agli anziani e poi i due incensurati Domenico Russo
– il 25enne che materialmente mise il bottino in un trolley prima di fuggire – e Maria Amoroso, 22enne nipote di Giuliano.La modalità è stata quella classica delle truffe agli anziani, con il centralinista che chiama la vittima allarmandola con un grave problema a un familiare che necessita immediatamente di denaro. Nel caso specifico la Caproni è stata contattata da un finto avvocato che le aveva comunicato il coinvolgimento del figlio in un incidente stradale, spiegandole che per evitare un possibile arresto avrebbe dovuto pagare una cauzione di circa 12.700 euro in contanti.
A quel punto è intervenuto nella conversazione un complice che si è presentato come maresciallo per dare credibilità al racconto. Assieme sono riusciti a convincere la donna a consegnare a un emissario contanti, gioielli e lingotti
per un valore stimato in un milione e 600 mila euro. Tutti portato via in un trolley. Fondamentale per l’indagine l’analisi dei tabulati e delle telecamere.La meticolosa indagine della Squadra Mobile milanese diretta da Marco Calì e coordinata dal pm Cristian Barilli, è riuscita in poco più di due mesi a risalire alla banda partendo da un telefonino intestato a un prestanome pakistano. Poi grazie alle immagini delle telecamere del palazzo di via Durini a Milano dove abita l’ereditiera si è riusciti a risalire e a identificare la banda.
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