Il Tribunale del Riesame dell’Aquila concede gli arresti domiciliari all’agente penitenziario di 53 anni, originario di Campobasso ma residente a Sulmona, finito sotto la lente della magistratura per aver introdotto tre micro cellulari nel carcere di massima sicurezza destinati, secondo l’accusa, ai detenuti.
I giudici aquilani hanno accolto l’istanza dell’avvocato difensore, Alessandro Margiotta, ed hanno sostituito la custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari. Secondo la difesa la violazione della norma, ovvero l’accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, appare chiara ma non vi sarebbe prova che quei telefoni erano destinati ai detenuti. Da qui l’alleggerimento della misura cautelare. Dal carcere di Roma, dove era stato rinchiuso dall’esito dell’udienza di convalida, l’agente torna nella sua “cella” domestica.
L’inchiesta era scattata lo scorso 25 ottobre quando un detenuto, sorpreso con tre cellulari in cella senza scheda, aggredì cinque agenti mandandoli in ospedale. In quel periodo furono sequestrati una ventina di telefoni. Molti sarebbero arrivati anche tramite droni. Dal Palazzo di Giustizia hanno quindi disposto accurate perquisizioni, eseguite dal personale penitenziario, che hanno portato a rinvenire tre micro cellulari in dotazione al 53 enne più uno di sua proprietà.
L’agente, rientrato dalla malattia lo scorso 12 aprile, si era giustificato spiegando di aver portato quei telefoni per sbaglio, ovvero di averli dimenticati in tasca dopo averli acquistati a Napoli a prezzo modico, per poi rivenderli ad amici e colleghi. L’indagine della Procura mira a far luce sui rapporti che l’indagato avrebbe avuto con i detenuti, potenziali destinatari dei telefoni e su eventuali complici da individuare.
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