Potrebbe arrivare a sentenza in cinque anni, con un consistente rischio prescrizione per alcuni dei reati contestati, il processo per i pestaggi avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) il 6 aprile del 2020. L’ennesimo rinvio di ieri per l’astensione degli avvocati rilancia l’allarme sui tempi lunghi collegati alle dimensioni e alla complessità del procedimento.
Per ora si riprende il 10 maggio prossimo con la probabile prima proiezione dei video delle violenze: si introdurrà nel dibattimento, attraverso la testimonianza del sottufficiale dei carabinieri che ha analizzato le immagini, la prova principale raccolta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere.
Il maxi-processo conta 105 imputati tra agenti penitenziari, funzionari del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), medici dell’Asl, e 130 parti civili. Solo la lista presentata dalla Procura comprende 270 testimoni, ognuno dei quali dovrà essere esaminato dai pm e controesaminato dagli oltre 200 avvocati difensori; dopo che saranno esauriti quelli dei pm, sarà la volta dei testi indicati dalle difese, in totale dunque ampiamente oltre 300 testimoni, cui si devono aggiungere gli imputati che chiederanno di essere esaminati.
Calcolando che sono quattro le udienze mensili che il collegio di Corte d’Assise guidato da Roberto Donatiello ha messo in calendario (escludendo i periodi di ferie sono una quarantina all’anno le udienze) si teme che il processo possa arrivare a sentenza non prima del 2028, con il rischio che possano prescriversi quei reati come le lesioni o il falso materiale che riguardano una metà dei 105 imputati (si prescrivono in sette anni e mezzo, dunque a fine 2027), non quello di tortura, che ha tempi di prescrizione molto lunghi e che è contestato ad una cinquantina di agenti.
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