Correva in pieno centro abitato come fosse un’autostrada e ha effettuato un sorpasso azzardato, oltre che vietato dalla linea continua, cercando di superare un mezzo della nettezza urbana in uno spazio largo meno di due metri e mezzo.
E’ stata questa condotta di guida scriteriata ad aver causato la tragica morte di Gennaro De Falco, ma ora l’automobilista a cui si contesta l’esclusiva responsabilità dell’incidente dovrà risponderne penalmente.
A conclusione delle indagini preliminari del procedimento penale per omicidio stradale in capo ad A. R. D. A., quarant’anni, di Somma Vesuviana , iscritto da subito nel registro degli indagati, il Pubblico Ministero della Procura di Nola, dott.ssa Patrizia Mucciacito, ha chiesto il rinvio a giudizio per l’imputato e il Gup del Tribunale, dott. Martino Aurigemma, riscontrando la richiesta, ha fissato per il 26 maggio 2023, alle 9.15, l’udienza preliminare di un processo “da cui ci aspettiamo sia fatta giustizia” dice il fratello di De Falco, Andrea, che, per essere assistito, attraverso il consulente dott. Vincenzo Carotenuto, si è affidato a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini.
L’incidente è successo il 26 aprile 2022 a Somma Vesuviana ed è stato ricostruito nei minimi dettagli dall’ing. Gerardo Mirabelli, il Consulente Tecnico d’Ufficio incaricato dal Sostituto Procuratore di accertarne dinamica, cause e responsabilità e che si è avvalso anche dei filmati delle telecamere di video sorveglianza di un’abitazione nei pressi, che hanno ripreso tutto.
Alle 4.30 del mattino De Falco, che aveva 64 anni e risiedeva nella stessa Somma Vesuviana, come ogni mattina si trovava alla guida di un autocompattatore Renault Maxity per la raccolta dei rifiuti dell’azienda “Igiene Urbana Evolution Srl”, per la quale lavorava come operatore ecologico, assieme ad un collega seduto sul sedile del passeggero, e stava procedendo su via Santa Maria del Pozzo, una strada comunale.
Giunto a cinquanta metri dal civico 109, dovendo imboccare una piccola traversa sulla sinistra, il sessantaquattrenne ha rallentato fino a raggiungere una velocità di 20 chilometri all’ora e ha iniziato la manovra di svolta.
E’ stato allora che dalle sue spalle è sopraggiunta come un missile la Mercedes Classe A dell’imputato, che non solo viaggiava “a una velocità compresa tra i 118 e i 128 Km/h, a fronte di un limite di 50” scrive il Ctu nella sua perizia cinematica, ma nell’intento di superare l’autocompattatore ha anche invaso la corsia opposta, in barba alla striscia continua, non avvedendosi che il mezzo operatore stava girando.
L’impatto tra i due veicoli è stato tremendo. La Mercedes, dopo aver travolto violentemente il mezzo di controparte, è finita contro un cancello in ferro di una proprietà, ma la peggio l’ha avuta l’autocompattatore, che si è addirittura ribaltato sul fianco sinistro, quello su cui si trovava il conducente, che purtroppo è rimasto schiacciato ed è deceduto sul colpo per le gravissime lesioni cranico-toraciche riportate, con emorragia cerebrale, fratture costali multiple e contusioni polmonari, come accertato dal medico legale cui è stata affidata l’autopsia.
Gli accertamenti tossicologici hanno peraltro escluso qualsiasi assunzione di alcol e droga da parte di Gennaro De Falco, la sua condotta, di guida ma anche lavorativa, è stata integerrima. Il suo collega e l’automobilista invece si sono salvati.
Nessun dubbio da parte dell’ing. Mirabelli nell’attribuire le cause del drammatico sinistro “in via esclusiva alla condotta fortemente imprudente e negligente tenuta dall’indagato – prosegue il Ctu -, il quale aveva tutte le oggettive possibilità, in termini di visuale e visibilità, di poter percepire in tempo utile il rallentamento che il conducente dell’autocompattatore che lo precedeva stava mettendo in atto per effettuare la svolta”.
Anche il fatto che il mezzo operatore avesse “le luci posteriori regolarmente attivate e il lampeggiante superiore acceso avrebbe dovuto imporgli la necessità di rallentare sensibilmente la propria corsa e di non effettuare in velocità, invece, la manovra di sorpasso in pieno centro urbano, in un tratto di strada dove peraltro era vietato occupare la corsia opposta per la presenza di striscia continua di mezzeria (…) e della larghezza complessiva di soli 6,40 metri.
L’indagato ha provato ad operare un sorpasso a velocità elevatissima in un corridoio di asfalto di una larghezza stimabile in non più di 2,3-2,4 metri” conclude il perito, elencando infine la sfilza degli articoli del codice della strada violati dall’automobilista.
Di qui la richiesta di processo per A. R. D. A. accusato di aver causato la morte di De Falco “per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia e in violazione delle norme della circolazione stradale” per citare l’atto del magistrato.
“Fatto avvenuto per esclusiva imperizia del D. A., che ommetteva di comportarsi in maniera perita, occupando la corsia opposta (contro il divieto di oltrepassare la striscia continua), viaggiando a una velocità estremamente significativa, compresa tra i 118 e i 128 km/h a fronte di un limite pari a 50 km/h, non adeguando la propria condotta in maniera prudenziale alle condizioni della strada (prossima a edifici) e tale da non costituire pericolo per la circolazione e per i pedoni, con violazione degli artici 40, 140, 141 e 142 del Codice della Strada” riassume e conclude la dott.ssa Mucciacito.
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