Tre ore per spiegare i motivi per i quali la corte d’assise d’appello di Roma dovrebbe confermare le condanne espresse in primo grado a Frosinone per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte. Tanto hanno impiegato il procura generale, Giangiacomo Bruno e il pm della procura di Velletri Francesco Brando. Il processo iniziato oggi ha visto in aula i quattro imputati: i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, condannati all’ergastolo, dalla corte d’assise di Frosinone, Francesco Belleggia a 23 anni e Mario Pincarelli a 21 anni.
A tutti e’ contestato il concorso in omicidio volontario del 21enne di Paliano avvenuto nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 a Colleferro. Marco e Gabriele, seduti uno a fianco all’altro, si scambiavano considerazioni su quanto dicevano i due magistrati. Pincarelli era seduto al loro fianco, con aria distratta, come se la vicenda non lo riguardasse. Belleggia, invece, in abito blu, era seduto vicino al suo avvocato.
Lui, dei quattro e’ l’unico agli arresti domiciliari. I Bianchi e Pincarelli sono in carcere dalle ore immediatamente successive alla morte di Willy. A Brando e’ toccato il compito di ricostruire il complesso quadro accusatorio invitando la corte a “comporre la verita’ come un mosaico perche’ – ha detto Brando – Willy e’ stato ucciso in un contesto confuso”. La lite innescata da Belleggia davanti al locale Due di Picche di Colleferro, litigio che “e’ degenera con l’arrivo dei fratelli Bianchi, perche’ fino a quel punto era stato contenuto”.
Brando ha contestato la versione contenuta nell’appello redatto dalla difesa di Gabriele Bianchi, secondo la quale la pressione mediatica ha influito sulle testimonianze rese dai testi. “Non e’ vero – dice -. Affermazione clamorosamente smentita dal punto di vista cronologico. I testimoni dicono quasi tutti la stessa cosa; che Gabriele Bianchi sferra il calcio al petto di Willy facendolo cadere e poi che in quattro lo hanno tempestato con calci e pugni. Una versione fornita da testimoni nella fase immediatamente successiva e senza che nessuno abbia conosciuto la versione dell’altro”.
Durante il pestaggio di Colleferro Willy Monteiro Duarte “non parla, viene aggredito e non si accorge nemmeno che sta morendo”. Ed e’ proprio su Gabriele che si sofferma il procuratore. “E’ stato lui a sferrare il calcio frontale” dice Brando. Lo dicono i testimoni, in particolare il suo amico Vittorio Tondinelli ritenuto teste chiave, e lo conferma, “lo stesso Gabriele Bianchi durante l’esame dell’imputato nel processo di primo grado a Frosinone. Un calcio – ragiona Brando – che crea una contusione al cuore. Colpo che contiene un chiaro messaggio e che dice” agli altri tre “come bisogna picchiare, e gli imputati aderiscono a questo messaggio e colpiscono”.
E aggiunge “50 secondi per sfogare impulso violento in una azione collettiva di 4 soggetti contro uno solo inerme”. E toccato, quindi al Pg Giangiacomo Bruno rivolgersi alla corte sostenendo che la vittima “non c’entrava assolutamente nulla con quello che stava accadendo. Ecco perche’ chiediamo la conferma delle sentenze di primo grado”. Nell’udienza dell’11 maggio, la corte sciogliera’ la riserva anche sulle richieste avanzate dalla difesa di Gabriele Bianchi di riaprire il dibattimento per ascoltare nuovamente alcuni testimoni su fatti nuovi emersi dopo la sentenza di primo grado. La procura generale e le altre parti, ad eccezione della difesa di Marco Bianchi si sono gia’ dette contrarie. “Confido nella giustizia e nel lavoro dei miei avvocati”, ha detto Lucia Monteiro Duarte, la mamma di Willy, che ha assistito per intero all’udienza di oggi.
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