Il prefetto di Napoli, Claudio Palomba, a seguito delle dimissioni dalla carica di 14 consiglieri su 24 assegnati al Comune di Melito, ha sospeso il Consiglio comunale e nominato commissario prefettizio il prefetto Francesco Antonio Cappetta, incaricandolo della provvisoria gestione dell’ente e avviando, nel contempo, la procedura di scioglimento dell’organo consiliare.
Il Comune di Melito è stato scosso quattro giorni fa da un vero e proprio terremoto giudiziario: il sindaco di Melito, Luciano Mottola è stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Napoli su presunti casi di scambio elettorale politico mafioso; arrestato anche il presidente del Consiglio comunale, Rocco Marrone, e due consiglieri comunali, Antonio Cuozzo e Massimiliano Grande, quest’ultimo posto agli arresti domiciliari.
Quando si arriva a Melito, comune di 40mila abitanti della provincia di Napoli, non si può non notare una frase che ora sa di beffa: “Benvenuti a Melito di Napoli, città nemica della camorra e amica delle donne”.
E, invece, per decenni lì la democrazia sarebbe rimasta sospesa proprio su ordine dei clan. Secondo l’indagine della Dia e della Dda di Napoli che ha portato in carcere anche il sindaco, la vita politica (e non solo quella) era sotto il giogo del clan Amato Pagano. Le forze dell’ordine nei giorni scorsi hanno notificato 16 arresti in carcere e due ai domiciliari ad amministratori pubblici, imprenditori e presunti appartenenti alla camorra.
Tutti sono accusati, a vario titolo, di scambio elettorale politico mafioso, attentati ai diritti politici del cittadino, associazione di tipo mafioso, corruzione, concorso esterno in associazione mafiosa, tentata estorsione.
In carcere sono finiti, tra gli altri, il sindaco Luciano Mottola, 38 anni, eletto nel 2021 alla guida di una coalizione di centrodestra, il presidente del Consiglio comunale Rocco Marrone, 38 anni, di “Melito Più” e il consigliere di FdI Antonio Cuozzo, 25 anni. Il gip Isabella Iaselli ha invece disposto i domiciliari per il consigliere comunale Massimiliano Grande, 50 anni, capogruppo di “Davvero Ecologia & Diritti”.
Proprio Grande, in una intercettazione che ha per oggetto le votazioni per la città metropolitana di Napoli del 13 marzo del 2022, dice: “mi hanno offerto duemila euro… io personalmente prima di dire sì … ho detto faccio un passaggio da Emilio…”.
Dove Emilio è Emilio Rostan, imprenditore arrestato e padre dell’ex deputata Michela (estranea all’inchiesta) il quale, secondo i pm antimafia Giuliano Caputo e Lucio Giugliano, avrebbe intrattenuto rapporti con il clan per determinare l’elezione di Mottola alle amministrative del 3 e 4 ottobre 2021 e avrebbe anche dato al consigliere Grande i duemila euro citati nell’intercettazione per indurlo a votare la Lista “Grande Napoli” all’elezione dei consiglieri della Città Metropolitana di Napoli del 13 marzo 2022.
Per la Dda gli esponenti della coalizione che sosteneva Mottola avrebbero accettato la promessa del capozona degli Amato Pagano (Vincenzo Nappi, attirato in una trappola e ucciso in un ristorante, tra i clienti, lo scorso 23 gennaio) di procurare voti per il ballottaggio: preferenze estorte con pressioni e intimidazioni, in cambio di danaro e anche con la promessa di posti di lavoro.
L’inchiesta è partita nel 2020, in piena pandemia, dopo la denuncia dell’ex sindaco Antonio Amente, poi deceduto in ospedale proprio a causa del Covid. Ma – è stato scoperto – le denunce erano spesso strumentali. L’indagine ha evidenziato che se il clan non otteneva il proprio tornaconto obbligava i consiglieri a dimettersi facendo così cadere la giunta.
E poi, quando si tornava alle urne, muoveva le sue leve, fornendo sostegno elettorale a chi prometteva di ricambiare con appalti e altri benefit. Ovviamente chi si metteva contro la pagava. E’ successo a una candidata, costretta, con le cattive (la minaccia di cacciarla via di casa e di chiuderle il negozio), a fare campagna elettorale addirittura per un suo rivale gradito alla camorra.
Per il deputato e membro della segreteria nazionale del Pd Marco Sarracino, “servono provvedimenti straordinari, per spezzare legami tra camorra e malapolitica”. Il deputato M5S Federico Cafiero de Raho, ex procuratore nazionale antimafia, ha chiesto “una commissione prefettizia che faccia luce sulle irregolarità commesse”.
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