Torna in sala uno spettacolo molto caro al Teatro Tram di Napoli: da giovedì 9 a domenica 19 marzo va in scena “Artemisia”, testo e regia di Mirko Di Martino e l’interpretazione di Titti Nuzzolese e Antonio D’Avino.
Una pièce che ha visto il suo esordio nell’ottobre 2014 nell’ambito del Forum internazionale delle Culture, al quale sono seguiti tre anni di repliche tra la Chiesa di San Gennaro all’Olmo, dove lo spettacolo è stato protagonista durante il Maggio dei monumenti, e il Teatro Tram di via Port’Alba.
Una rappresentazione divenuta ormai iconica, prodotta da Teatro dell’Osso, che racconta la vita di Artemisia Gentileschi, artista seicentesca – una delle prime – che amava definirsi una “pittora”, forte del suo senso di giustizia sociale e di identità femminile.
Un’identità che venne violata da un episodio di violenza che vide protagonista Artemisia, figlia dell’artista Orazio Gentileschi: nel 1612, infatti, il pittore Agostino Tassi, amico e collega del padre, la violentò nella sua casa romana. Lo spettacolo non è una narrazione puramente biografica, quasi documentaristica, della vita di Artemisia.
Al contrario, la figura della pittrice è inserita in un contesto simbolico, sospeso tra realtà e illusione, tra peccato e colpa, tra spiritualità e passione, dove emergono le paure, i dubbi, le ansie, di una donna che volle affermare la propria indipendenza in un contesto dominato dai maschi, com’era l’arte del Seicento in Italia.
“Lo spettacolo porta in scena una riflessione universale sul valore dell’arte, sul suo legame con la vita, sulla capacità dell’arte di sostituirsi ad essa – ha spiegato Mirko Di Martino -. Artemisia sente di aver sacrificato tutto all’arte: giunta al termine della vita, è obbligata a chiedersi se ne sia valsa la pena.
In un mondo dominato dai maschi, scopre che le è preclusa ogni libertà e autonomia. Perfino la sua arte viene interpretata come un continuo ritorno sul tema della violenza e della vendetta, dello stupro e della castrazione. Artemisia credeva di essere diventata libera grazie all’arte, adesso scopre che era la sua prigione”.