“C’e’ sicuramente qualcuno che vuole tenere i riflettori bassi su questa vicenda. Se ne parla troppo poco e noi pensiamo che questo accada perche’ gli attori che ci sono dietro sono importanti e scomodi”.
E’ la denuncia di Anna Maria Motta, madre di Mario Paciolla, il cooperante napoletano trovato morto nella sua casa in Colombia, nel luglio del 2020, per cause ancora da accertare.
La signora Motta e suo marito, Giuseppe Paciolla, hanno partecipato all’iniziativa organizzata dall’associazione Articolo21 e dal Sindacato unitario giornalisti della Campania in occasione della Giornata nazionale della cura.
Nel corso dell’incontro i genitori di Mario hanno chiesto nuovamente chiarezza e giustizia per quanto accaduto a San Vicente del Cagua’n, innanzitutto per restituire “onore e dignita’ a questo ragazzo”.
Una richiesta che si alza ancora piu’ forte in questo momento, dopo la richiesta di archiviazione arrivata dalla Procura di Roma, tra le contestazioni dei familiari.
I genitori non fanno esplicitamente riferimento alle presunte responsabilita’ dell’Onu, per cui Mario operava in Colombia, ma sottolineano la difficolta’ di mantenere alta l’attenzione sul caso, “probabilmente perche’ dietro ci sono attori scomodi”.
In questo senso, le iniziative in programma nei prossimi giorni possono contribuire a tenere le luci ben accese. La prima e’ in agenda per il 7 marzo, quando nella sede centrale dell’universita’ Orientale verra’ intitolata un’aula a Mario.
Il 28 marzo, nel giorno in cui il cooperante avrebbe compiuto 36 anni, sara’ poi scoperto il murale realizzato dallo street artist Jorit all’esterno del liceo ‘Elio Vittorini’ di Napoli.
“Oltre all’impegno giudiziario vogliamo creare una memoria sociale per Mario – dice la mamma – vogliamo che la gente sappia come si sono svolti i fatti e partecipi con noi a una richiesta di verita’. Non e’ possibile che una vicenda cosi’ complessa possa essere archiviata in pochi mesi”.
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