Da domani Aulo Pedicini al MANN di Napoli, nelle sale che introducono alla sezione epigrafica e “metropolitana”, antologica dell’artista con teche, sculture in bronzo, collages.
Il titolo della mostra “Annerite scaglie”, personale di Aulo Pedicini (classe 1942), a cura di Generoso Bruno, nasce dalle parole di un ultimo componimento dedicato all’artista dal fratello Gerardo, critico d’arte e poeta, scomparso di recente (1937-1922), che suggeriscono una origine primordiale, quasi alchemica della sua scultura. Quelle stesse parole saranno materializzate dalla lettura di Renato Carpentieri, che interverrà al vernissage alle 17.
Nato a Foglianise nel 1942 e attivo dagli anni ’60 sulla scena artistica napoletana, Pedicini ha attraversato le neoavanguardie degli anni ’70, muovendo dagli echi del post-cubismo e del surrealismo dada, utilizzando anche materiali non convenzionali.
Le opere in mostra, quasi un centinaio, rappresentano una vera e propria antologia della produzione del poliedrico artista, arricchita degli ultimi lavori, nei quali Pedicini è tornato all’assemblaggio, questa volta attraverso la tecnica del collage.
Si parte dalle teche degli anni ’60, passando ai più recenti bronzi (circa 15 opere) – esposti nella sala che introduce la sezione epigrafica – per arrivare agli ultimi lavori pittorici (circa 85). Racconta il curatore Generoso Bruno: “Tornano in esposizione le teche e le sculture di assemblaggio, per la creazione delle quali Pedicini interviene sulla frazione di scarto di quella che definisce l’effimera opulenza della società dei consumi, indagando la produzione di massa e il suo uso sociale, quasi come un archeologo teso alla ricostruzione del tempo presente attraverso i suoi residui”.
La ricerca più recente è esemplificata da una caleidoscopica moltitudine di interventi sulle scale di grigio in glossy paper e dalle numerose Trasposizioni di questi su tela e altri supporti. Nella sala che introduce alla sezione “metropolitana”, che ospita la mostra, aperta da uno scatto di Mimmo Jodice all’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, è presentata l’intera serie fotografica della performance “Progressione in uno spazio definito”, del 1966, in cui Pedicini è ritratto dall’obiettivo dello stesso Jodice.
“In anni più recenti Pedicini giunge al Mito, evocato come originaria narrazione dell’esistente. Nel tempo dell’isolamento pandemico l’artista è ritornato sull’operazione dell’assemblaggio, questa volta utilizzando come base la carta con la tecnica del collage”.
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