Con Francesca Muoio e Luca Trezza, un omaggio a Dante Alighieri ma prima ancora a Matilde Donnarumma Pierro che tradusse in napoletano canti della Divina Commedia.
Sabato 18 marzo, alle ore 21.00, al Teatro Bolivar (Via Bartolomeo Caracciolo,30), diretto da Nu’Tracks, arriva “Divin ‘a ‘mmente Dante”, un omaggio a Dante di e con Francesca Muoio e Luca Trezza. Lo spettacolo proporrà l’ascolto di una Divina Commedia diversa rispetto a quella studiata a scuola così che anziani, adulti e giovani possano forse riapprezzarne meglio la bellezza e riconoscerne la familiarità.
C’è stata una donna napoletana, Matilde Donnarumma Pierro, pronipote per altro dell’omonimo Pierro, titolare della famosa casa editrice napoletana con la quale stamparono le loro opere anche Benedetto Croce, Salvatore Di Giacomo, Matilde Serao, Gabriele D’Annunzio e Eduardo Scarpetta, che ha pensato bene di utilizzare il suo dialetto per “tradurre” l’opera di Dante e renderla così più comprensibile al popolo. Era il 1963 e la Divina Commedia in napoletano venne pubblicata con l’identica struttura di quella originale dei 14.233 versi in terzine di endecasillabi a rima incatenata. Cento canti che purtroppo, però, Matilde non ha fatto in tempo a pubblicare tutti. Abbiamo i canti dell’Inferno, alcuni del Purgatorio, ma nessuna traccia del Paradiso. La stessa scrittrice però dichiarava che non si trattava di una vera e propria traduzione in quanto “il poeta è inimitabile, intraducibile, ma ci si può avvicinare molto senza tradirne il pensiero e il linguaggio.”
“Dante era il primo a giocare con la musicalità delle lingue e dei dialetti e a rendersi conto della loro grande potenza artistica – raccontano Trezza e Muoio, mentre spiegano da dove nasce l’idea di “Divin ‘a ‘mmente” -. Il poeta sapeva che ogni lingua produce una letteratura e ogni letteratura può moltiplicarsi in altre ed altre lingue ancora, fino a diffondersi come una macchia infinita in tutto il mondo. Ed è proprio ciò che è successo alla Divina Commedia, che è stata tradotta in ormai duecento e più lingue e dialetti diversi, per raggiungere duecentomila e più popoli e renderla ad oggi davvero un’opera universale. Vogliamo perciò esporre in maniera leggera e semplice la struttura dell’opera alternandola alla lettura di alcuni frammenti di questi “nuovi” canti dell’Inferno – continuano gli autori e attori – Dante ci insegna che ricordare è fondamentale ed è per questo che “Tien ‘a mmente!”,
“Tien ‘a mmente!”, il famoso detto napoletano, esplicita perfettamente il senso di ciò che vogliamo dire con questo progetto. Tien ‘a mmente la Divina Commedia, tien ‘a mmente che è divina e perché lo è, tien ‘a mmente Dante, il suo ingegno e la sua poesia e, soprattutto, tienn ‘a mment che il dialetto di ogni singolo popolo è un patrimonio inestimabile che, come uno specchio teneramente implacabile, ci rivela ogni volta ciò che siamo stati e ciò che siamo oggi. In omaggio a Dante Alighieri, a Matilde Donnarumma Pierro, a Napoli e a tutti gli altri Dante poliglotti sparsi nel mondo”.
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