Non voleva neppure recarsi davanti al giudice per l’udienza di convalida dell’arresto, Marco Di Lauro, detenuto al 41bis a Sassari.
Secondo quanto si è appreso Marco Di Lauro (arrestato il 2 marzo 2019 dopo un lungo periodo di latitanza iniziato il 7 dicembre 2004) ha mostrato chiari segni di insofferenza.
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Si è reiteratamente rifiutato di parlare con il giudice e anche con il legale delegato dal suo avvocato Gennaro Pecoraro, e più volte ha espresso la volontà di voler tornare da dov’era venuto, senza contestare gli addebiti degli inquirenti, e cioè di essere stato il mandante, insieme con il fratello Vincenzo, dell’omicidio di Luigi Giannino, ucciso il 13 giugno 2007.
Da circa un anno Marco Di Lauro sta rifiutando le cure per problemi di carattere psicologico prescrittegli dai medici: è stato ricoverato sotto stretta osservazione nei reparti psichiatrici di Torino e Cagliari e anche in quei frangenti ha sempre rifiutato i colloqui con gli psichiatri.
Anche il fratello maggiore Cosimo manifestò problemi di carattere psicologico durante la detenzione: è deceduto il 13 giugno 2022 dopo aver scontato 17 anni di prigionia in regime di 41bis nel carcere di Opera.
Gli investigatori sono convinti che si tratti di una strategia mirata ad ottenere qualche beneficio. All’ex boss fantasma come è stato chiamato per anni per la sua lunga latitanza mercoledì scorso i carabinieri e la DDA di Napoli hanno notificato nuove gravi accuse in relazione a un omicidio avvenuto nell’ambito della cosiddetta seconda faida di Scampia.
Ha negato gli addebiti contestati, Vincenzo Di Lauro noto come F2, ovvero il secondo figlio del capoclan Paolo Di Lauro, arrestato dai carabinieri mercoledì scorso a Napoli con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio di Luigi Giannino, ucciso il 13 giugno 2007 nell’ambito della cosiddetta seconda faida di Scampia.
E’ stato lui il primo ad essere interrogato dopo la raffica di arresti (16 in tutto) eseguiti a seguito di indagini della Procura di Napoli (sostituti procuratori De Marco, Capuano e Giugliano) su otto omicidi avvenuti a Secondigliano, tra metà marzo 2007 e gli inizi del 2008.
“Ero già in carcere da tre mesi (il suo arresto risale al 23 marzo 2007) quando ci fu l’omicidio e le mie conversazioni durante i colloqui erano tutte intercettate”, ha detto Vincenzo che ha anche negato di avere avuto contatti con chi (il collaboratore di giustizia Salvatore Musolino ) lo accusa di avere dato l’ordine di morte. L’avvocato Antonio Abet, che difende Vincenzo Di Lauro, fa sapere che è stato presentato un appello al Tribunale del Riesame.
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