i La notte scorsa a Sant’Angelo d’Alife in provincia di Caserta, i carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Piedimonte Matese, unitamente a quelli della Stazione di Ailano hanno salvato una mamma e i due figlioletti.
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I militari sono intervenuti, a seguito della segnalazione pervenuta da un vicino di casa, presso un appartamento del luogo dove uno dei membri di una famiglia indiana aveva richiesto aiuto per un malore e si era accorto che anche gli le altre quattro persone, con lui conviventi, erano apparentemente prive di sensi.
I militari dell’Arma, giunti tempestivamente sul posto, dopo aver messo in sicurezza l’appartamento e spento la stufa presente nella camera da letto principale dell’abitazione, hanno aperto le finestre e, unitamente a personale del servizio 118, hanno soccorso le cinque persone presenti in casa tra cui due minori, uno di sette anni ed il fratellino di soli due mesi, tutti colti da malore per carenza di ossigeno.
Tutti i componenti del nucleo familiare, non in pericolo di vita, sono stati trasportati per le cure necessarie presso gli ospedali di Piedimonte Matese, Salerno e presso l’ospedale pediatrico Santobono di Napoli.
Due bambini, uno di appena 2 mesi e uno di 6 anni, e la loro madre, sono stati assistiti nel Centro di Medicina iperbarica dell’ospedale Santobono di Napoli, diretto dal dottor Rosario Marco Infascelli, per una grave intossicazione da monossido di carbonio e da fumi per l’utilizzo di una brace in un luogo non areato.
I tre sono giunti nella notte tra giovedì e venerdì provenienti dal Presidio ospedaliero di Piedimonte Matese in codice rosso e sono stati immediatamente sottoposti a un trattamento con ossigeno iperbarico al termine del quale sono scesi i livelli della carbossiemoglobina nel sangue, con un netto miglioramento delle funzioni vitali di tutti gli organi, specie di quello cerebrale.
Al momento, i tre pazienti sono in discrete condizioni, tuttavia, come da protocollo, saranno sottoposti a ulteriori cicli di trattamento in camera iperbarica per evitare la cosiddetta sindrome post-intervallare che si può verificare anche a un mese dall’intossicazione e che provoca gravi danni al tessuto cerebrale.
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