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Prosegue la mobilitazione dei lavoratori dello stabilimento di Marcianise della Jabil contro i 190 licenziamenti decisi dall’azienda Usa, ma con il passare dei giorni si affievolisce la speranza di un esito positivo della vertenza, anche perché per ora le istituzioni non hanno battuto colpo.
Dopo la proroga a fine gennaio della cassa integrazione che ha solo rinviato di un mese un esito negativo che sembra scontato – dal prossimo primo marzo potrebbero partire le lettere di licenziamento anche perché la cig, già prorogata, non può essere ulteriormente estesa – i lavoratori e i loro rappresentanti attendevano convocazioni dal Governo per eventuali soluzioni alternative ai licenziamenti.
Nessuna convocazione è però arrivata, nè hanno avuto seguito le voci di un incontro a Roma per la settimana che inizia lunedì 13 febbraio. Allo stabilimento di Marcianise continua lo sciopero a schacchiera di un’ora per ogni turno lavorativo, ma si respira sempre di più aria di rassegnazione, visto anche quello che è accaduto alla Whirlpool di Napoli, dove le battaglie dei lavoratori, anche più “vivaci e movimentate” di quelli degli addetti Jabil, non hanno sortito effetti e tutti i 400 del sito partenopeo sono in stato di disoccupazione.
“Senza il sostegno reale delle istituzioni anche la vertenza Jabil farà la stessa fine”, dice un lavoratore convinto che dal primo marzo, con la scadenza della cassa integrazione, partiranno i licenziamenti.
Peraltro al sito di Marcianise della Jabil proseguono le fuoriuscite dei lavoratori grazie agli incentivi che l’azienda continua ad erogare nonostante l’accordo con i sindacati sia scaduto da qualche mese: nelle ultime settimane dieci dipendenti, stanchi di lavorare nell’incertezza, hanno lasciato la Jabil prendendo l’incentivo di alcune decine di migliaia di euro, e l’organico aziendale ad oggi non è più di 440 addetti, ma di 430.
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