Sarebbero le stesse persone e avrebbero anche lasciato una firma gli autori dei raid avvenuti in una Torre del Maschio Angoino, dove ieri si sono registrati due incendi, e nel Palazzo Reale, dove è stato messo a soqquadro un ufficio.
Due scritte – “Lupin Angioino” e “Maschio Angioino” – su un foglio di carta sono state trovate dalla Digos e dalla Polizia Scientifica nell’ufficio di Palazzo Reale preso di mira, nel corso delle indagini coordinate dall’ufficio inquirente partenopeo retto dalla facente funzioni di procuratore Rosa Volpe.
La “firma” degli autori degli incendi e degli atti vandalici a Palazzo Reale è stata trovata in un ufficio dello storico Palazzo che si affaccia su piazza del Plebiscito, messo a soqquadro da ignoti: la scritta “Lupin Angioino” è stata apposta con uno smalto per unghie di colore rosso trovato in un cassetto. La scritta “Maschio Angioino” invece è stata realizzata con un evidenziatore giallo.
I due incendi che hanno rigurdato il castello simbolo di Napoli sono stati appiccati all’interno di un deposito della Torre dell’Oro e l’altro all’esterno del monumento, in un cassonetto di rifiuti. Eventi che al momento sembrerebbero legati agli atti vandalici scoperti in un ufficio del Palazzo Reale.
Sulla base dei riscontri finora emersi, però, sembrerebbe indebolirsi il movente anarchico – ventilato ieri – a vantaggio del gesto teppistico. Non si esclude che alla base delle azioni possano esserci beghe locali, forse la reazione di qualcuno che è stato licenziato o che non è stato assunto.
Al vaglio anche l’ipotesi ritorsione da parte di qualcuno al quale potrebbe essere stato negato un permesso o un’autorizzazione, visto che l’ufficio di Palazzo Reale vandalizzato è adiacente a quelli della Sovrintendenza. Nell’ufficio di Palazzo Reale sono stati scaraventati a terra un computer e alcuni faldoni.
L’incendio nella Torre dell’Oro del Maschio Angioino ha invece riguardato vecchie ordinanze comunali destinate al macero. Va sottolineato che gli autori dei gesti sarebbero entrati nella Torre dell’Oro attraverso un portone lasciato aperto. Praticamente inesistente la videosorveglianza: la Digos sta passando al setaccio il pochissimo materiale acquisito, registrato con dei vecchi sistemi di monitoraggio analogici.
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