Con la cattura, oggi a Palermo, di Matteo Messina Denaro, latitante da trent’anni, le forze dell’ordine hanno assicurato alla giustizia il primo tra i latitanti di massima pericolosità che fanno parte del “programma speciale di ricerca” selezionati dal gruppo integrato interforze (G.I.I.R.L.). Nell’elenco ora rimangono ancora 4 latitanti.
Si tratta di: – Attilio Cubeddu (Arzana-Nuoro, 02/03/1947), dell’Anonima sarda sequestri, ricercato dal 1997 per non aver fatto rientro, al termine di un permesso, nella Casa Circondariale di Badu è Carros (Nuoro), dove era ristretto, per sequestro di persona, omicidio e lesioni gravissime; il 18.3.1998 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali;
Giovanni Motisi (Palermo, 01/01/1959), boss di Cosa Nostra soprannominato “U pacchiuni” (il grasso), ricercato dal 1998 per omicidi, dal 2001 per associazione di tipo mafioso ed altro, dal 2002 per strage ed altro; deve scontare la pena dell’ergastolo; il 10.12.1999 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali;
Renato Cinquegranella (Napoli, 15/05/1949), boss della Nuova Camorra Organizzata, ricercato dal 6/10/2002 per associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso in omicidio, detenzione e porto illegale di armi, estorsione edaltro; il 07/12/2018 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali;
Pasquale Bonavota (Vibo Valentia, 10/01/1974), superlatitante della ‘ndrangheta, ricercato dal 28 novembre 2018 per “associazione di tipo mafioso” e “omicidio aggravato in concorso”.
Il G.I.I.R.L. è stato istituito presso la Direzione Centrale della Polizia Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza con il compito di raccogliere e analizzare le informazioni, fornite dalla Polizia di Stato, dall’Arma dei Carabinieri, dalla Guardia di Finanza, dalla D.I.A. nonché dell’A.I.S.I. e dell’A.I.S.E., utili a individuare, sulla base di specifici criteri di valutazione, i latitanti di maggiore spessore criminale.
Settantatre’ anni, napoletano del quartiere di Secondigliano. Legato al vecchio clan La Monica. Latitante dal 2002, visto che dopo il quarto permesso premio non fece mai piu’ ritorno in carcere. Renato Cinquegranella e’ uno dei quattro superlatitanti ancora in fuga e ricercati dalle forze dell’ordine, inserito nell’elenco dei boss piu’ pericolosi.
E le sentenza dicono che Cinquegranella e’ uno degli autori dell’efferato omicidio, dopo torture, di Giacomo Frattini detto ‘bambulella’, ucciso il 21 gennaio 1982; il corpo del ragazzo, punito perche’ ritenuto uno degli assassini in carcere di Aniello La Monica, venne mutilato, strappandogli le mani e il cuore.
Erano gli anni della guerra tra la Nco di Raffaele Cutolo, cui Frattini aveva aderito, e la Nuova Famiglia, a cui Cinqugranella era legato. Il settantatrenne e’ anche ritenuto coinvolto nell’assassinio di Antonio Ammaturo, il capo della Squadra Mobile di Napoli ucciso il 15 luglio 1982 dalle Brigate Rosse. Fu lui a fornire supporto logistico al gruppo di fuoco brigatista che sorprese il dirigente di polizia davanti la sua abitazione, in piazza Nicola Amore, insieme all’agente Pasquale Paola.
Omicidio che fu commesso da Vincenzo Stoccoro, Emilio Manna, Stefano Scarabello, Vittorio Bolognesi e Marina Sarnelli, tutti condannati all’ergastolo. Cinquegranella li ospito’ in una sua casa in provincia di Caserta, subito dopo il delitto.
Il 7 dicembre 2018 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali. Cinquegranella fu uno degli assassini di Frattini, ritenuto dalla Fratellanza Napoletana (poi diventata Nuova Famiglia) l’esecutore principale della strage di Poggioreale, una vera e propria carneficina messa a segno dai cutoliani che approfittarono delle violente scosse del terremoto del 23 novembre 1980 per entrare in azione.
Un paio di anni dopo quel tragico accadimento, il corpo di “Bambulella” fu trovato avvolto in un lenzuolo nel bagagliaio di un’auto, mentre la testa, le mani e il cuore furono trovati chiusi in due sacchetti di plastica all’interno dell’auto. Il 73enne è anche ritenuto coinvolto nell’assassinio di Antonio Ammaturo, il poliziotto ucciso a Napoli il 15 luglio 1982 dalle Brigate Rosse.
Secondo le risultanze investigative sarebbe stato lui a fornire supporto logistico al gruppo di fuoco brigatista che lo sorprese sotto casa, in piazza Nicola Amore, insieme all’agente Pasquale Paola, anch’egli rimasto ucciso nell’agguato architettato e commesso da Vincenzo Stoccoro, Emilio Manna, Stefano Scarabello, Vittorio Bolognesi e Marina Sarnelli, tutti condannati all’ergastolo.
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