span style="font-family: Verdana, BlinkMacSystemFont, -apple-system, 'Segoe UI', Roboto, Oxygen, Ubuntu, Cantarell, 'Open Sans', 'Helvetica Neue', sans-serif;">Dai supermercati alla benzina, erano questi solo alcuni degli ‘affari’ a cui mirava il boss Matteo Messina Denaro.
Un business molto redditizio che interessava il boss, come emerge dai pizzini scritti tra il 2003 e il 2006 ritrovati nel covo di Bernardo Provenzano. Una decina di messaggi che oltre ad aver contribuito alle indagini di questi anni, delineano la figura dello stragista di Castelvetrano. La prima questione riguardava un paesano di Messina Denaro che ottenne la gestione di alcuni supermercati, il quale però aveva alcuni debiti con altri mafiosi e che ricevette richieste di pizzo.
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”Passo ora a dirle il mio problema che ho nella zona di Ag c’è una persona di Castelvetrano che ha la concessione dei supermercati” spiega Messina Denaro a ‘zio Bernardo’. Consapevole della situazione ‘complicata’, Messina Denaro fa una sua proposta per risolvere la questione.
”Dunque il mio paesano ha diversi punti vendita in diversi paesi, ora lei deve stabilire un tot l’anno che il mio paesano deve dare per ogni punto vendita, poi si fa la somma del tot che ha deciso lei, così si vede quanto ogni anno il mio paesano deve uscire, solo che i soldi li defalchiamo ogni anno dai soldi che ci deve dare Cpz, fino a togliere tutto il debito che ha con noi.
Tutto si ammortizza con il pizzo che deve uscire il mio paesano fino all’esaurimento del debito. Questa mia proposta ha delle clausole però – avverte Messina Denaro – che voglio rispettate, nel senso che non c’è margine di trattativa: o accettano o non accettano la mia proposta per come è, se pensano di porre dei cambiamenti già la mia proposta decade e non è più valida”.
Dal messaggio scritto a Provenzano, si scoprono anche alcune ‘regole’ che vigono nella mafia e che fanno luce sul sistema del ‘pizzo’. ”Dato che il mio paesano ora pagherà il pizzo per ogni punto vendita, è sciolto da ogni obbligo di favoritismi, cioè i punti vendita sono del mio paesano e oltre a gestirli lui fa lavorare a chi vuole lui – sottolinea Messina Denaro – D’altronde – spiega – è sempre regola che chi paga il pizzo non ha più niente da dare, quindi niente più posti di lavoro, si pagherà solo il pizzo”.
Il boss di Castelvetrano catturato la scorsa settimana, voleva mettere le mani anche sulla benzina, con un progetto già in fase avanzata, a quanto scrive nel pizzino, consapevole però che si trattava di un business che faceva gola a molti, e per questo serviva la mediazione di Provenzano.
”Riguardo alla benzina con tutti i suoi annessi, è una cosa abbastanza grossa ed è tanto che se ne parla, di certo c’è che deve ricadere in territorio di Alcamo e già si sa il punto preciso – scriveva Messina Denaro – Attorno a questa cosa orbitano un sacco di persone perché chiunque vuole accaparrarsi l’affare ed ognuno ha una sua fazione politica, io fino ad ora sono stato a guardare lasciandoli scannare tra di loro” ma a decisione presa, avverte il boss, ”farò in modo che tutti gli avvoltoi che girano attorno a questo affare si ritirano”.
”Io mi rivolgo a lei come garante di tutti e di tutto”: è una completa devozione per ‘zio Bernardo’ quella che emerge dalla decina di pizzini scritti da Matteo Messina Denaro e ritrovati nel covo di Provenzano nel giorno della sua cattura, l’11 aprile 2006, in una masseria a Corleone, in provincia di Palermo.
”I suoi contatti sono gli unici che a me stanno bene, cioè di altri non riconosco a nessuno, chi è amico suo è e sarà amico mio, chi non è amico suo – sottolinea il capomafia – non solo non è amico mio ma sarà un nemico mio, su questo non c’è alcun dubbio”.
E poi l’ossequio e la riverenza per il boss, che viene sempre evidenziata: ”Io la ringrazio di cuore che lei si sta interessando a questo mio problema e la ringrazio per adoperarsi per l’armonia e la pace per tutti noi”. In un pizzino, Matteo Messina Denaro esprime poi tutto il suo modo di pensare, parlando del suo passato per sottolineare i lunghi trascorsi in ‘Cosa Nostra’.
”Le regole le conosco e le rispetto, la prova che io conosco le regole e che le sto rispettando sta proprio nel fatto che io mi sto rivolgendo a lei per sistemare questa spiacevole vicenda, questo per me è rispettare le regole.
Ci fu un tempo in cui io ad Ag ho pulito tanti angoli, lo feci perché mi fu ordinato da chi era più in alto di me, e lei sa di chi parlo e lo feci anche perché era giusto e doveroso aiutarli, parlo dell’83 in poi, mi fu detto di sistemargli ciò di cui avevano bisogno e io nell’arco di anni mi resi sempre disponibile per tutto ciò di cui avevano bisogno, capirà che vivendo ripetutamente certe esperienze si instaura oltre un rapporto di amicizia anche un sentimento di fratellanza, bene, io anche in quegli anni di fratellanza non mi permisi mai di dire una parola in più ad Ag, cioè sono rimasto sempre nei limiti di amico e fratello.
Ora di tutti quelli con cui avevo rapporti di fratellanza ad Ag, non ce n’è più nemmeno uno in giro, sono tutti dentro, chi c’è ora io non li conosco e mi rendo conto che non sanno nulla del passato, si figuri se io vado a dire parole in più agli amici di Ag di ora”.
Chiudendo il pizzino, Messina Denaro esprime tutto il suo ‘amore’ per il boss: ”So che lei non ha bisogno di alcuna raccomandazione perché è il nostro maestro ma è il mio cuore che parla e la prego di stare sempre molto attento, le voglio tanto bene”.
E ancora, in un pizzino del 1 febbraio 2004 afferma: ”Da parte mia mi sono trovato sempre più che bene con lei perché ho sempre trovato onestà, serietà e comprensione”. Con l’avvicinarsi del Natale, nel 2005, Messina Denaro rivolge gli auguri a ‘zio Bernardo’, con parole che sono quelle di un capomafia latitante già da oltre dieci anni.
”A breve sarà il Santo Natale e spero che lei e i suoi cari lo possiate trascorrere almeno con serenità, non dico in modo felice perché per noi la felicità non c’è. Ma in modo sereno e ve lo auguro dal profondo del mio cuore, così come spero che per lei e i suoi affetti sia un anno nuovo migliore.
Sappia che lei è sempre nel mio cuore e nei miei pensieri, se ha bisogno di qualcosa da me, me ne parli senza alcun problema perché è superfluo dire che sono a sua completa disposizione e sempre lo sarò. La prego di stare sempre molto attento, le voglio troppo bene” conclude firmando il pizzino ”suo nipote Alessio”.
La riverenza per il capo, il ‘rispetto delle regole’ di ‘Cosa Nostra’ e la consapevolezza che davanti a tanti arresti compiuti nella ‘guerra’ condotta da magistratura e forze dell’ordine contro la criminalità organizzata ”sono nato in questo modo e morirò in questo modo”.
E’ una delle frasi contenute nei pizzini scritti da Matteo Messina Denaro e ritrovati nel covo di Bernardo Provenzano quando venne catturato l’11 aprile 2006 in una masseria a Corleone, in provincia di Palermo. Dai messaggi scambiati tra i due mafiosi stragisti, emerge lo spaccato di quel mondo.
”Lei mi dice che i soldi nella vita non sono tutto e che ci sono cose buone che con i soldi non si possono comprare – scriveva Messina Denaro a ‘zio Bernardo’ in uno dei messaggi firmati ”suo nipote Alessio” – sono d’accordissimo con lei, perché io ho sempre pensato che si può essere uomini senza una lira e si può essere pieni di soldi ed essere fango”.
”Le dico che io ho fatto della correttezza la mia filosofia di vita – aggiunge – ed il fatto che io mi sia rivolto a lei dimostra proprio ciò, ora mi affido completamente nelle sue mani e nelle sue decisioni, tutto ciò che lei deciderà io l’accetterò senza problemi e senza creare problemi, questa per me è onestà”.
Messaggi in cui viene sempre sottolineata la riverenza per il boss, come si legge in un altro passaggio del pizzino: ”Qualsiasi sua decisione andrà benissimo perché lei può disporre di me come un figlio”. E ancora: ”Mio caro zio, nella sua lettera ho trovato delle belle parole, lei mi dice che siamo tutti e due sulla stessa barca dobbiamo fare di tutto per non farla affondare, mi dice pure di studiare come superare per non essere criticati ma apprezzati, io la ringrazio immensamente di questa fiducia che mi dà, posso dirle che io mi affido nelle sue mani, quello che fa lei per me è ben fatto e se fa lei possiamo solo essere apprezzati”.
Nello stesso pizzino, rispondendo a una richiesta di Provenzano, Messina Denaro spiegava: ”Purtroppo non posso aiutarla perché a Marsala al momento non abbiamo più a nessuno, sono tutti dentro, pure i rimpiazzi e i rimpiazzi dei rimpiazzi, non c’è più a chi metterci, c’è solo di aspettare nella speranza che esca qualcuno che ha cose più leggere per potere riprendere tutti i discorsi.
Si figuri che anche T mi ha chiesto un favore di Marsala e non lo posso aiutare, infatti ho dato a lui la stessa risposta che ho dato a lei, nella speranza che lui comprenda la situazione che si è venuta a creare su Marsala e anche su altri paesi, purtroppo qua le batoste sono state a ruota continua e tra l’altro non accennano a finire – sottolinea il capomafia – credo che alla fine arresteranno pure le sedie quando avranno finito con le persone.
Dunque sarà compito mio appena ci sarà qualcuno a Marsala di informarla e quindi di risolvere ciò di cui lei e T avete bisogno, credo che lei mi comprenderà perché avendo a che fare un po’ con tutti di sicuro sa che ci sono altre zone al momento combinate come Marsala”. In una situazione di grande difficoltà per ‘Cosa Nostra’, colpita sempre più duramente da magistratura e forze dell’ordine, Messina Denaro manifesta scarsa ‘fiducia’ verso la ‘politica’.
In un pizzino inviato tra il 2004 e il 2005, scrive a Provenzano: ”Noi sappiamo come sono i politici che non fanno niente per niente e noi non abbiamo più alcuna forza di contrattualità, ecco perché non credo che ci sia qualche politico che si vada a sporcare la bocca per noi, comunque come si suole dire staremo a vedere. Per il nome del politico lo scriva a parte e lo fa avere a 121, poi sarà 121 a dirlo a me e io capirò”.
E dopo aver ricevuto la risposta da Provenzano, Messina Denaro in un altro pizzino risponde: ”Si ho gia’ ricevuto il nome del politico”. In un messaggio al boss, infine, c’è una vera e propria ‘professione di fede’, quasi un testamento: ”Vorrei umilmente dirle che io non sono meglio di lei, preferisco dire che io appartengo a lei, per come d’altronde è sempre stato, io ho sempre una via che è la vostra, sono nato in questo modo e morirò in questo modo, è una certezza ciò”.
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