Foto di animali feroci, magneti da frigorifero con l’immagine di un boss in smoking che ricorda Al Pacino ne “Il padrino” e sotto scritto “il padrino sono io”, la foto attaccata alla parete di Al Pacino, sempre nel film di Francis Ford Coppola: sono alcune delle cose trovate nel covo di vicolo San Vito a Campobello di Mazara in cui si nascondeva nell’ultimo periodo di latitanza il boss Matteo Messina denaro.
Oltre ai pizzini, documenti e carte, dunque, i carabinieri del Ros hanno trovato una serie di oggetti che si richiamano alla celebre pellicola.
Ed emerge che il boss in clinica, in ospedale, negli studi medici si presentava con il nome di Andrea Bonafede, ma a Campobello di Mazara, il paese in cui ha trascorso l’ultimo periodo della latitanza, il boss Matteo Messina Denaro utilizzava un nome diverso.
Un’accortezza, confermata dagli investigatori, che l’avrebbe aiutato a condurre una vita praticamente normale. Presentarsi in un centro di piccole dimensioni con l’identità di uno degli abitanti di Campobello, il geometra Andrea Bonafede, che gli ha prestato identità e documenti per potersi sottoporre alle cure mediche, non era prudente.
E avrebbe potuto esporlo a rischi. Gli investigatori stanno cercando di ricostruire l’ultimo periodo della latitanza – Messina Denaro sarebbe stato a Campobello almeno fin dal 2020 – comprese le generalità con le quali il boss si presentava alle persone e nei luoghi che frequentava in paese.
Presentarsi in un centro di piccole dimensioni con l’identità di uno degli abitanti di Campobello, il geometra Andrea Bonafede, che gli ha prestato identità e documenti per potersi sottoporre alle cure mediche, non era prudente.
E avrebbe potuto esporlo a rischi. Gli investigatori stanno cercando di ricostruire l’ultimo periodo della latitanza – Messina Denaro sarebbe stato a Campobello almeno fin dal 2020 – comprese le generalità con le quali il boss si presentava alle persone e nei luoghi che frequentava in paese.
Articolo pubblicato il giorno 23 Gennaio 2023 - 14:50