Sulla base dell’incidenza degli infortuni mortali, l’Osservatorio Vega definisce mensilmente la zonizzazione del rischio di morte per i lavoratori del nostro Paese che viene così descritto – alla stregua della pandemia – dividendo l’Italia a colori.
A finire in zona rossa alla fine dei primi undici mesi del 2022, con un’incidenza superiore a +25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 32 morti sul lavoro ogni milione di lavoratori) sono: Valle D’Aosta, Trentino-Alto Adige, Basilicata, Campania e Calabria.
In zona arancione: Puglia, Umbria, Marche, Sicilia, Piemonte, Toscana e Veneto. In zona gialla, cioè sotto la media nazionale: Abruzzo, Molise, Lazio, Liguria, Emilia Romagna, Sardegna e Lombardia. In zona bianca, ossia la zona in cui l’incidenza delle morti sul lavoro è la più bassa: Friuli-Venezia Giulia.
Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro sono 132, cioè oltre il 18,3% del totale. Anche qui l’analisi sull’incidenza infortunistica svela chiaramente come gli stranieri abbiano un rischio di morte sul lavoro più che doppio rispetto agli italiani.
Gli stranieri infatti registrano 58,5 morto ogni milione di occupati, contro 29,1 italiani che perdono la vita durante il lavoro ogni milione di occupati.
Sempre in cima alla graduatoria con il maggior numero di vittime in occasione di lavoro è -inevitabilmente a livello statistico – la regione con la più alta popolazione lavorativa d’Italia, cioè la Lombardia (115) che, per contro, come abbiamo visto in precedenza, presenta un’incidenza di infortuni mortali al di sotto della media nazionale, collocandosi così in “zona gialla”.
Seguono: Veneto (68), Campania (65), Lazio (62), Piemonte (59), Emilia Romagna (53), Toscana (51), Puglia (48), Sicilia (47), Trentino-Alto Adige (29), Marche (23), Calabria (21), Liguria (16), Sardegna e Abruzzo (15), Umbria (14), Basilicata (10), Valle D’Aosta (6), Molise (3) e Friuli-Venezia Giulia (2).
I numeri degli incidenti sul lavoro, del resto, non possono far altro che portare ad una triste riflessione. Le denunce totali di infortuni sono cresciute del 29,8% rispetto al 2021, arrivando a quota 652.002; con il settore della Sanità sempre in testa alla graduatoria degli infortuni in occasione di lavoro (80.256 denunce); seguono: Attività Manifatturiere (70.483) e Trasporti (51.583).
Importante in questi dati anche la lettura sull’evoluzione delle denunce totali di infortunio per Covid: a fine ottobre 2021 erano 36.821, mentre a fine ottobre 2022 sono diventate 107.602. Praticamente sono triplicate, dimostrando che il virus è divenuto molto meno mortale ma è ancora largamente presente nei luoghi di lavoro.
Oltre i numeri però ciò che conta per l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre è il rischio reale di morte dei lavoratori, regione per regione e provincia per provincia. Si tratta dell’indice di incidenza della mortalità, cioè il rapporto degli infortuni mortali rispetto alla popolazione lavorativa regionale e provinciale, la cui media in Italia nei primi undici mesi dell’anno è di 32 decessi ogni milione di occupati.
Questo indice, un vero e proprio “indicatore di rischio di morte sul lavoro”, consente di confrontare il fenomeno infortunistico anche tra regioni con un numero di lavoratori diverso.
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