Potrebbero far parte delle carte d’identità in bianco rubate all’anagrafe di Trapani nel 2015 e nel 2018 i cinque documenti (ancora in formato cartaceo) trovati nel covo di vicolo San Vito con le generalità di persone esistenti, la foto di Matteo Messina Denaro e il timbro del comune di Campobello di Mazara.
Gli investigatori del Ros dei carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto della Dda Paolo Guido, stanno cercando di risalire alla provenienza dei documenti. Al momento le ipotesi sono due: che si tratti di normali carte d’identità cedute all’ex superlatitante come nel caso di quella trovata addosso al boss il giorno della cattura, oppure di documenti clonati a Campobello di Mazara utilizzando i cartoncini in bianco rubati a Trapani.
In quest’ultimo caso non è escluso l’aiuto di un dipendente comunale del paesino del Belìce, per il timbro e la compilazione del documento.
Dopo le testimonianze di chi ha raccontato di aver incontrato, durante la latitanza il boss Matteo Messina Denaro ignorandone la vera identità, è la volta delle false segnalazioni. Decine di persone, mitomani dicono gli investigatori, stanno contattando la Procura riferendo di fantomatiche frequentazioni con il capomafia o di aver da lui ricevuto esplosive rivelazioni.
Racconti in gran parte inventati a differenza di quelli dei cittadini – dal concessionario che gli ha venduto l’auto, al traslocatore che gli ha spostato i mobili da un covo all’altro, alle donne che l’avrebbero frequentato, alle pazienti della clinica in cui è stato arrestato – spesso indotti a rivolgersi agli inquirenti per prevenirne le mosse
Articolo pubblicato il giorno 31 Gennaio 2023 - 20:40