Torna con il nuovo anno la protesta dei lavoratori dello stabilimento Jabil di Marcianise (CASERTA), impegnati in una vertenza con l’azienda, che il 23 settembre scorso ha annunciato 190 licenziamenti.
I dipendenti hanno bloccato per alcuni minuti la rotonda stradale che sorge a poche centinaia di metri dallo stabilimento, per dire “no” ai licenziamenti e nel tentativo di alzare l’attenzione in vista della scadenza del 31 gennaio, quando terminerà la cassa integrazione e l’azienda Usa, in mancanza di soluzioni alternative, potrà iniziare a inviare le lettere di licenziamento ai 190 lavoratori.
Le soluzioni alternative potrebbero essere rappresentate dai ricollocamenti dei lavoratori Jabil in altre realtà produttive, come già avvenuto negli ultimi anni, anche se poi le reindustrializzazioni, nonostante la Jabil abbia pagato decine di migliaia di euro per ogni dipendente ricollocato, non sono mai decollate. “Il tempo sta scadendo – dice Mauro Musella, dipendente nonchè delegato della Uilm – attendiamo che il Ministero dello Sviluppo Economico ci convochi rapidamente per offrire reali soluzioni ai licenziamenti”.
“Ci vogliono clausole di salvaguardia per garantire la fattibilità dei progetti di reindustrializzazione – dice Francesco Percuoco, segretario della Fiom-Cgil di CASERTA – perchè non è possibile che la Jabil dia decine di migliaia di euro per scaricare i lavoratori senza che questi abbiano una credibile e concreta opportunità di lavoro”. Per i 190 che la Jabil vuole licenziare c’è invece l’ipotesi, ancora tutta da concretizzare, del passaggio in una newco formata dall’azienda Tme di Portico di CASERTA, creata da un ex Jabil, e Invitalia (società del Ministero dell’Economia),
Ieri, nel corso di un incontro online con la Regione, si è parlato della newco, che sembrerebbe però disposta a riassumere 140 lavoratori da Jabil, non tutti i 190. Dal giugno 2019 sono fuoriusciti da Jabil circa 250 addetti, quasi tutti ricollocati in società come Softlab e Orefice, ma con “scarsa fortuna” fanno notare i sindacati. Gli ex Jabil passati in Softlab (circa 230) lavorano a singhiozzo, una buona parte continua a fare la cassa integrazione, e spesso lamentano ritardi negli stipendi. “Attendiamo due mensilità e la tredicesima” dice un ex Jabil da qualche anno in Softlab. I 23 ex Jabil riassunti invece nell’azienda sarda Orefice sono stati addirittura licenziati dopo aver rifiutato il trasferimento in Sardegna, e sono oggi senza lavoro.
Due esperienze che hanno accresciuto la “diffidenza” dei lavoratori della Jabil verso nuove ipotesi di ricollocazioni in altre aziende; anche per questo i sindacalisti, di fronte all’ipotesi del ricollocamento nella newco formata da Tme e Invitalia, chiedono con forza garanzie sul reale impegno lavorativo degli addetti riassunti. A prescindere comunque dalle “paure” dei dipendenti, resta il dato che finora la procedura normativa di confronto tra le parti sociali e istituzionali avviata dopo l’annuncio dei 190 licenziamenti, non ha prodotto risultati concreti, con lo “spettro” dei licenziamenti che si avvicina.
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