Venerdì 13 gennaio 2023, nella suggestiva atmosfera della Concattedrale di Castellammare di Stabia, la tradizione e la memoria della città, nonché l’esperienza musicale applicata al Natale, sono state rappresentate attraverso un interessante percorso culturale guidato da intenditori stabiesi, ed un’esperta musicologa, che hanno condiviso – con un pubblico attento ed incantato – la storia del Presepe stabile stabiano, nonchè i pregevoli contenuti del libro “Arcadia nel golfo di Partenope – ninne nanne per il verbo incantato”.
Promotrici dell’iniziativa l’ Associazione Achille Basile – Le ali della lettura e Certamen Plinianium, con la collaborazione di Fidapa e Rinascita Cristiana di Castellammare.
La Presidente delle Associazioni promotrici, la Professoressa Carmen Matarazzo, appassionata divulgatrice della cultura in città, ideatrice di numerose ed interessanti iniziative anche in ambito letterario, con attestata competenza – e la consueta amabilità – ha introdotto Massimiliano Greco, Presidente dell’Associazione dell’Arte e del Presepe di Castellammare di Stabia ed Olga Laudonia, musicologa ed organista, docente di Storia della Musica presso il Conservatorio di Cosenza, autrice del libro sopra citato presentato nel corso dell’incontro.
Ha dato inizio a questo viaggio culturale, Massimiliano Greco, che ha illustrato – in modo dettagliato e sapiente – la storia del Presepe Stabile Stabiano, precisando innanzitutto l’epoca della realizzazione – il 2019 – e la consistenza numerica degli elementi che lo compongono, ben 87 pezzi tra pastori ed animali, datati tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800.
Progetto attuato da un gruppo di lavoro formato da amici, sostenitori della tradizione presepiale. Nel rapportarsi al pubblico, l’esperto ha evidenziato che una siffatta opera costituisce un pezzo d’arte unico in Italia, ma nonostante i grossi sforzi affrontati per la creazione della sua imponente scenografia, ancora oggi continua ad essere semisconosciuto.
Ha proseguito poi col dire che la storia del suddetto presepe è molto travagliata e lunga, comincia nel 1850 con il Monsignor Petagna appassionato di pastori, a cui va pertanto accreditata la sua grandezza acquisita attraverso la fornitura delle botteghe artigiane di Napoli e provincia.
Essa è però frutto di informazioni esclusivamente verbali in quanto alcun documento è stato mai rinvenuto a supporto, se non un numero esiguo di fotografie che ne hanno palesato solo le dimensioni. L’opera, che può ben essere indicata come patrimonio stabiese, in realtà ha fatto rientro in città per un giro di complicate vicende personali del su citato originario proprietario, persona di riconosciuta generosità, che perciò fu assalito dai creditori con conseguente dispersione di alcuni dei pastori più importanti del suo amato presepe.
I pastori, che hanno attraversato due guerre mondiali e più di un furto, sono particolarmente delicati in quanto realizzati prevalentemente in legno (testa, mani e piedi), mentre i più recenti sono in terracotta.
“Se adesso possiamo ammirare tanta bellezza, lo dobbiamo innanzitutto a Mario Vanacore, memoria storica della Cattedrale, che è stato lungimirante ed ha messo da parte tutti i pastori, perché – come lui stesso racconta – i ragazzi giocavano con la testa in legno dei pastori […]poi a Giovanni Irollo, ed alla sua passione per il presepe, che sul finire degli anni ‘90 del secolo scorso si è occupato di restaurarli in quanto ridotti alla stregua di un cimitero di pastori”.
Come sottolineato dal Presidente dell’Associazione dell’Arte e del Presepe, quanto realizzato fino ad ora è destinato ad essere ampliato. L’idea che s’intende perseguire è quella di attuare una seconda ala dell’attuale complesso, con una rivisitazione della scena del presepe – ed un percorso museale – all’interno della Cattedrale che porta all’uscita di via de Turris, anche per consentire il deflusso dei visitatori.
L’incontro si è avvalso inoltre dell’intervento di un altro cultore della tradizione presepiale, nonchè promotore della valorizzazione dello stesso, Gianni Delaville, che ha sottolineato il profondo legame tra il presepe e la città e di conseguenza quello indissolubile con il cantiere navale, da sempre anima di Castellammare.
Il Delaville ha infatti riferito che i disegnatori delle scenografie demandavano ai maestri d’ascia – gli stessi che hanno realizzato l’Amerigo Vespucci – la realizzazione delle scene, che eseguivano all’uscita dal cantiere, a partire dal 1 novembre di ogni anno. La cultura tutta stabiese del presepe andrebbe pertanto diffusa e condotta al di fuori della realtà cittadina, per donarle la giusta fama e far sì che da ogni parte ci si possa soffermare sul valore artistico di quest’opera pregna di storia. Un chiaro invito ai presenti di farsi portavoce di questa richiesta, in nome dei fondamentali valori di sensibilità e generosità.
Nel silenzio rotto solo dai rintocchi delle campane, che risuonavano dall’esterno della chiesa, e nella maestosità del luogo, i presenti hanno poi goduto dell’interessante approfondimento tenuto da Olga Laudania riguardo i temi contenuti nel suo libro, “Arcadia nel golfo di Partenope – ninne nanne per il verbo incantato”, che tratta magistralmente delle connessioni tra arte, musica e liturgia, tra tradizione popolare ed accademica, in linea di congiunzione perfetta con la precedente visita al presepe.
La presentazione del testo è stata preceduta da una chiarissima introduzione del giornalista Carlo Farina, che lo ha definito “interessantissimo e stimolante per coloro che desiderano conoscere la storia di Napoli del ‘700 ed i musicisti di questo periodo, che ancora non tutti conoscono bene.” Farina ha inoltre ringraziato la Laudania per aver trattato nel suo libro le pastorali, che rappresentano l’elemento musicale del presepe, a sua volta elemento iconografico del Natale.”
Il libro in questione, che propone un approfondimento del percorso di dottorato dell’autrice presso il Pontificio Istituto di musica sacra di Roma, come dalla stessa affermato, “si può suonare, si può guardare e si può leggere”, perché al centro si correda di partiture critiche – cioè con interventi di revisione – e di una ricca iconografia.
All’interno del testo sono dunque rinvenibili partiture di pastorali, dedicate all’organo ed al cembalo, in cui la Laudania si è imbattuta nella sua attività di ricerca e da cui ha tratto lo spunto per investigare e studiare la musica a Napoli tra il ‘600 ed il ‘700 nel periodo di Natale. Un’attività che le ha consentito di “ proporre qualcosa di pratico, suonabile e fruibile.” Nel corso della presentazione la musicologa ha infatti dato un saggio del suo lavoro, suonando divinamente le pastorali da ella stessa revisionate, con un apporto esplicativo di pieno effetto per il pubblico presente.
Annamaria Cafaro
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