Sono 126 le parti civili ammesse dalla Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere al processo per le violenze ai danni dei detenuti avvenute il 6 aprile del 2020 nel carcere sammaritano “Francesco Uccella”.
Nel processo sono imputate a vario titolo per reati di tortura, omicidio colposo come conseguenza di tortura (reato contestato solo a ventidue imputati), lesioni pluriaggravate, abuso di autorità, falso in atto pubblico, 105 persone, quasi tutti agenti della Polizia Penitenziaria, ma anche funzionari del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) e medici dell’Asl di Caserta.
Delle parti civili ammesse, 117 sono detenuti riconosciuti dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere come vittime delle violenze (erano in totale 177 ma una cinquantina non si è costituito), cinque sono associazioni, quattro già costituitesi durante l’udienza preliminare, mentre l’ultima, l’associazione “Italiastatodiritto”, si è costituita il 7 novembre scorso, prima udienza del dibattimento.
Figurano poi il garante nazionale e quello regionale dei detenuti, quest’ultimo – Samuele Ciambriello – determinante per l’avvio delle indagini sulle violenze grazie alle sue denunce raccolte dai detenuti picchiati.
Ci sono infine il Ministero della Giustizia e l’Asl di Caserta, che nel processo compaiono tanto come parti civili che nella veste di responsabili civili, per cui in teoria potrebbero avere un risarcimento in caso di condanna degli agenti o dei medici ed essere nello stesso chiamate a pagare nel caso in cui gli imputati non riuscissero a risarcire le vittime.
La Corte presieduta da Roberto Donatiello non ha poi accolto l’eccezione di nullità del decreto che ha disposto il rinvio a giudizio per deposito tardivo di atti di indagine da parte della Procura (depositati cioè dopo l’avviso di chiusura indagini del settembre 2021); istanza che era stata avanzata dal difensore di alcuni imputati, Giuseppe Stellato, che oggi, preso atto della decisione della Corte, ha annunciato che avanzerà sulla questione eccezione di incostituzionalità per violazione del diritto di difesa.
La Corte ha dato tempo fino al 20 dicembre per depositare memorie su tale questione. Altra eccezione respinta è quella di incompetenza per materia avanzata da Elisabetta Carfora, legale di altri imputati, soprattutto agenti penitenziari, che chiedevano di essere giudicati da un collegio di tribunale e non dalla Corte d’Assise, in cui siedono oltre ai giudici togati, anche i giudici popolari.
La richiesta si basava sulla circostanza che solo a ventidue imputati su 105 è contestato il reato per cui è competente la Corte d’Assise, ovvero la morte come conseguenza del reato di tortura (che porta la pena a 30 anni), fattispecie relativa alla morte del detenuto algerino Hakimi Lamine.
Si tornerà in aula il 28 dicembre per la decisione sull’eccezione di costituzionalità. Se dovesse essere superata tale questione senza rinvio alla Corte Costituzionale, allora la Corte dichiarerà aperto il dibattimento e si potrà partire con le attività istruttorie, ovvero il processo entrerà nel vivo con le prime testimonianze.
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