Dopo le condanne a 2 anni e 8 mesi arrivate in primo grado e in appello, l’inchiesta che ha portato alla sbarra Vincenzo De Liguori, ex calciatore di Juve Stabia, Paganese, Casertana e Nocerina, arrestato nel 2011 con l’accusa di traffico di droga, torna al punto di partenza.
La Quarta sezione della Corte di Cassazione, accogliendo le argomentazioni difensive del legale di De Liguori, l’avvocato Dario Raucci, ha infatti annullato la precedente sentenza e disposto la celebrazione di un nuovo appello.
La difesa ha sostanzialmente dimostrato che le indagini non avrebbero mai accertato il tipo di droga che il calciatore avrebbe trafficato tra Napoli e il comune di Isola del Liri e neppure se si fosse trattato effettivamente di stupefacenti.
Le indagini coordinate dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere avevano portato all’arresto di 33 indagati, 10 nord africani e 23 italiani tutti accusati di aver movimentato ingenti quantità di stupefacente per poi spacciarla al dettaglio nei propri comuni di origine.
Il calciatore, insieme a Claudio Risi, all’epoca giocatore della Casertana, era finito nella rete delle intercettazioni per aver contattato Guido Bruno, di Isola Liri, già intercettato nell’ambito di indagini legate allo spaccio della droga. Per entrambi i calciatori l’accusa era di aver “ceduto 2mila dosi di droga sintetica” per “un business di 5.300 euro”.
Ma De Liguori, come è stato dimostrato nel corso del processo non fu trovato in possesso di droga. Le uniche accuse arrivavano dalla intercettazioni. Le telefonate intercorse tra i calciatori facevano però credere agli investigatori che i movimenti di spaccio organizzati dai due siano diversi.
L’indagine, denominata “Ultima Dose”, ruotava intorno ad un presunto giro di droga: ecstasy, cocaina ed eroina con centrale dello spaccio a Castelvolturno. Qui a gestire il traffico sarebbero stati trafficanti africani dove si rifornivano i corrieri per spacciarla al minuto sul mercato del basso Lazio e della Campania.
Articolo pubblicato il giorno 1 Dicembre 2022 - 15:20