Reparti di pronto soccorso in difficoltà in molte regioni per l’aumento di pazienti che arrivano contagiati dal Covid o dall’influenza stagionale mentre a livello nazionale crollano le nuove vaccinazioni contro il coronavirus, segnando il record negativo di 900 somministrazioni nell’ultima settimana.
La contemporanea circolazione dei due virus in questo periodo dell’anno sta mettendo “allo stremo i pronto soccorso, con criticità non più localizzate ma diffuse anche in regioni considerate virtuose”, denuncia Fabio De Iaco, presidente della Società italiana di Medicina di Emergenza e Urgenza (Simeu), segnalando un incremento del 50% del numero di accessi rispetto al mese di settembre.
Una situazione “drammatica” non più relativa solo a “regioni come Lazio, Sardegna, Piemonte, Campania, Lombardia”, ma che riguarda ormai anche “Veneto, Emilia Romagna Toscana o Friuli Venezia Giulia”, spiega De Iaco, che dirige il Pronto Soccorso e la Medicina d’Urgenza dell’Ospedale Maria Vittoria di Torino.
Una condizione di difficoltà che, avverte, “non può che peggiorare nelle prossime settimane. Ci aspettiamo il picco durante le feste, quando avremo più pazienti anziani ma anche più colleghi ammalati e quindi la necessità di coprire più turni con lo stesso personale, già ora scarsissimo”.
Del resto “rispetto al normale andamento delle epidemie da virus influenzali, quest’anno siamo in anticipo di circa un mese. Vediamo numeri che pre pandemia si raggiungevano a metà gennaio”, evidenzia.
E proprio a fronte di una situazione che già ora si rivela critica e in vista del prossimo periodo, dai medici dell’Emergenza Urgenza arriva un appello ai cittadini: “per sintomi influenzali che durano da tre giorni, a meno che non si abbiano particolari fragilità, è sconsigliabile rivolgersi al pronto soccorso”.
A queste criticità si aggiunge una maggiore circolazione del Covid-19, che va ben oltre i numeri ufficiali certificati dalla positività al tampone. “Molti arrivano con sintomi influenzali in pronto soccorso e scopriamo che è Covid solo al momento del tampone – riferisce De Iaco – D’altronde, i sintomi oggi sono indistinguibili. E per i positivi abbiamo difficoltà a trovare spazi e personale per l’isolamento”.
Intanto proprio sul fronte del contrasto al coronavirus l’ultimo monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe rivela una forte diminuzione delle nuove vaccinazioni, che dal 2 all’8 dicembre, sono scese del 22,3%: nel periodo di riferimento sono stati 900 i nuovi immunizzati rispetto ai 1.158 della settimana precedente.
“Un dato così basso non si era mai registrato dall’inizio della campagna vaccinale”, osserva il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. Inoltre nella stessa settimana sono aumentati anche i decessi dell’8% con una media salita da 91 a 98 al giorno. Crescono anche i ricoveri sia nei reparti ordinari (+9%) sia nelle terapie intensive (+4,7%).
Le persone ricoverate con sintomi sono state 757 in più (da 8.458 a 9.215) e quelle ricoverati nelle rianimazioni 15 in più (da 320 a 335). Diminuiscono invece i nuovi contagi del 2,7%, “con una media mobile a 7 giorni che supera i 31mila al giorno”, e il numero totale dei tamponi si è ridotto del 5,3%, indicano ancora i dati Gimbe.
La diffusione dell’influenza stagionale incide ovviamente anche sul lavoro dei medici di famiglia, che parlano di “una rapidissima crescita dell’incidenza di sindrome simil-influenzale”, arrivata “nell’ultima settimana a 16 casi per mille assistiti, il valore più alto degli ultimi 15 anni – spiega Silvestro Scotti, segretario generale della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale)
Questo significa che “ogni settimana un medico di famiglia ha circa 100 assistiti che si ammalano, che si traduce in almeno 2-3 chiamate a settimana per ognuno – cioè 200-300, senza parlare di mail e whatsapp – a cui si aggiungono visite e tanta burocrazia. Stiamo praticamente impazzendo”.
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