Caserta, favori in ospedale: confermata l’assoluzione per l’ex direttore Iovine. Anche gli altri 26 sono stati prosciolti in Appello
Le intercettazioni sono inutilizzabili. La Corte d’Appello di Napoli ha rigettato il ricorso del pm di Santa Maria Capua Vetere e confermato la sentenza di proscioglimento pronunciata nei confronti di 26 persone coinvolte a vario titolo nell’indagine sulle false attestazioni per i servizi all’ospedale Sant’Anna e San Sebastiano.
Era stato il gup del tribunale di Santa Maria Capua Vetere a dichiarare il non luogo a procedere proprio sulla base dell’inutilizzabilità delle intercettazioni, la prova maestra del processo, autorizzate nell’ambito di un altro procedimento (quello relativo alle ingerenze del clan dei Casalesi al Sant’Anna e San Sebastiano).
Una decisione che è stata confermata dalla Corte d’Appello che ha confermato, dunque, il proscioglimento nei confronti di Grazialaura Saudella di Caserta; Angelina Feola di San Nicola la Strada; Andrea Schettino di Caserta; Domenico Valentino di Piana di Monte Verna; Giovanni Bamundo di Casal di Principe; Donato Ferraiuolo di Caserta; Margherita Agresti di Caserta; Fabio Ventresino di Napoli; Michele Tarabuso di Caserta; Antonella Sommese di Nola; Paola Carli di Portici; Pasquale Ragosta di Ottaviano; Giuseppe Salzillo di Portico di Caserta; Alberto Tessitore di Macerata Campania; Danilo Lisi di Caserta; Giuseppe Napolitano di Nola; Vincenzo De Angelis di Casagiove; Carla Casella di Caserta; Massimo Del Grosso di Caserta; Pasquale Manica di Falciano del Massico; Nicola Giaquinto, di Caserta; Orlando Cesarini di Alife; Luca Pagano di San Cipriano d’Aversa; Pasquale Picazio di Caserta; Bartolomeo Festa di Sessa Aurunca; Luigi De Angelis di Caserta.
Gli indagati vennero intercettati nell’ambito del procedimento relativo alle ingerenze del clan dei Casalesi all’interno dell’ospedale di Caserta. Dall’attività di indagine ne nacque una costola, relativa alle false attestazioni di verifica sui servizi svolti da aziende esterne all’interno del Sant’Anna e San Sebastiano (come ad esempio quelli di pulizia, lavanderia e gestione dell’obitorio).
Secondo la Procura, si sarebbero verificate gravi situazioni di irregolarità nell’esecuzione dei servizi da parte di quasi tutte le ditte, alle quali non solo non venivano applicate le penali previste ma anche prorogati gli affidamenti. Reati commessi, però, senza favorire il clan dei Casalesi e quindi stralciati dall’inchiesta “madre”, con le intercettazioni che quindi non sarebbero state autorizzate.
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