“Intanto, apprendiamo che il Reddito di cittadinanza non verrà cancellato. Ciò significa che quanto detto in campagna elettorale dal centrodestra è stato oggetto di un vero e proprio ripensamento.
Noi siamo disposti a collaborare e a discutere per migliorare una misura di protezione sociale, presente in quasi tutti i Paesi europei, che ha salvato milioni di persone dalla povertà. Riteniamo che si debba porre particolare attenzione su formazione e politiche attive, entrambe di competenza regionale, ma sin qui risultate inidonee ad assolvere il loro ruolo.
E se da parte delle Regioni sul tema c’è più di qualche zona d’ombra, non ci si deve scordare che ben 14 sono attualmente governate dal centrodestra”. Così il vicepresidente del M5S, il senatore Mario Turco, commenta l’intervista del sottosegretario al lavoro Claudio Durigon.
“Sul Reddito di cittadinanza è stata fatta molta demagogia e, in molti casi, si è persino arrivati ad offendere la dignità di chi oggi si trova in uno stato di povertà assoluta, arrivando persino alla discriminazione. Il Reddito di cittadinanza non è a vita, come dice il sottosegretario, e nessuno vuole che i percettori abili al lavoro stiano sul divano.
A tal riguardo, l’attuale normativa prevede già un termine di protezione sociale a 18 mesi, prorogabile di altri 18 mesi laddove permangano le condizioni di povertà assoluta del beneficiario. Allo stesso tempo anche il decalage, cioè la progressiva riduzione del Reddito di cui parla il sottosegretario, è contemplata dall’attuale normativa.
Quando, poi, lo stesso sottosegretario afferma che chi è idoneo al lavoro alla prima offerta rifiutata si vede il RdC
stralciato, dice un’autentica banalità, col preciso scopo di svilire una realtà complessa, spesso misconosciuta. Prima di arrivare a questa misura estrema, proposta dal sottosegretario Durigon, occorre mettere nelle condizioni di lavorare chi oggi percepisce il Reddito ed è abile al lavoro”, aggiunge.Persone a cui, innanzitutto, serve una specifica formazione che li renda non solo idonei al lavoro, ma anche capaci di lavorare. È questo il discrimine; l’aspetto critico da superare, dove le Regioni in qualità di responsabili delle politiche attive e della formazione professionale hanno fallito.
Anziché continuare a mortificare i percettori del Reddito di cittadinanza, il MoVimento 5 Stelle ritiene sia imprescindibile metterli nelle condizioni di lavorare, promuovendo l’acquisizione di nuove competenze. Allo stesso tempo, riteniamo fondamentale il completamento del piano assunzionale per il potenziamento dei Centri per l’impiego, già finanziato dal Governo Conte II.
Ad oggi, a fronte di un miliardo di euro stanziati per 12mila assunzioni, se ne registrano soltanto 3 mila. Infine, è bene che le offerte di lavoro siano trasparenti ed economicamente congrue, oltre che dignitose, per questo riteniamo urgente l’introduzione di un salario minimo legale”.
“Se il governo toglie il Reddito di Cittadinanza a un padre o a una madre di 50 anni, senza occupazione, si rischia l’emergenza sociale, con tante famiglie che perderanno anche la casa. Il Reddito, come testimoniano i dati Inps, oggi e’ destinato per due terzi alle fasce piu’ fragili della popolazione che non possono lavorare e ai minori. Un terzo delle risorse e’ riservato a chi lavora ma ha entrate troppo basse e per coloro che sono stati espulsi dal mondo produttivo e non riescono a trovare una nuova collocazione”.
Lo ha detto Sergio Costa, vicepresidente della Camera dei Deputati ed esponente del Movimento 5 Stelle, ai microfoni di Mariu’ Adamo in un’intervista a MattinaLive, il morning show in onda su Canale 8.
“Si tratta di una misura che deve creare le condizioni per costruire uno sbocco lavorativo, non e’ assistenzialismo. Occorre ripensare alla visione del completo mondo professionale ed alla costruzione di nuove opportunita’. Si puo’ e si deve mettere insieme – ha ribadito Costa – un’adeguata formazione in grado di rispondere alle nuove esigenze del mercato. E’ necessario anche e soprattutto adeguare le retribuzioni per garantire l’erogazione di un salario minimo”.
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