Il nuovo corso deciso dal Governo per il reddito di cittadinanza “inguaia” la Campania. Le nuove misure sul provvedimento andranno ad interessare su tutti proprio la nostra regione, che vede nella provincia di Napoli quella con il più alto numero di beneficiari ormai da tre anni a questa parte.
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Secondo uno studio riportato da Il Mattino, la riforma del governo che riduce ad otto mesi la fruizione del beneficio, mette nei guai 3 percettori del reddito su 4. Per questi, infatti, sarà un’impresa trovare lavoro o un impiego visto che si parla di persone prive di esperienza e senza un’adeguata preparazione scolastica.
Il nuovo Rdc “ridotto” interesserebbe in particolar modo i nuclei familiari con al loro interno figli minori, anziani o disabili. Gli altri, considerati “in grado di lavorare” si troveranno invece senza sussidio e quindi dovranno necessariamente trovare un’occupazione anche tramite un periodo di formazione professionale.
I dati Anpal parlano chiaro: le “vittime” di questo nuovo corso saranno per la maggior parte persone di mezza età, in possesso di semplice licenza elementare o media e soprattutto senza esperienze lavorative (in media negli ultimi tre anni). Chi lavora (solo il 18% di questi) risulta inoltre anche in condizioni precarie.
Secondo Inps e Anpal il numero di coloro che perderanno il sussidio si aggira intorno ai 250mila solo in Campania, compresi coloro che sono tenuti a sottoscrivere il Patto per il Lavoro (circa 190mila). Un numero nettamente più alto rispetto al resto dell’Italia.
“Riceveranno tutti offerte basate sulla precarietà – spiega Nicola Ricci (Cgil) a Il Mattino -. In Campania i percettori del Rdc sono tutti non collocabili, altri invece non hanno mai ricevuto proposte. Quando si parla di occupabilità non si fanno mai i conti con il nostro territorio”.
“In Campania le occupazioni di lavoro devono essere compatibili sia con gli investimenti sia con la capacità delle nostre imprese – ribadisce Doriana Buonavita (Cisl) -. Il Rdc doveva essere un sostegno per arrivare al mondo del lavoro, cose che qui però sembrano solo sogni”.
“C’è bisogno di un criterio di gradualità maggiore – sottolinea Giovanni Sgambati (Uil) -. Questi provvedimenti non faranno crescere l’occupazione, ci sono persone che hanno abbandonato gli studi 20 anni fa e tanti altri che possono fare solo lavori manuali e che non troveranno collocazione”.
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