Era stata organizzata una sorta di joint venture con il clan di camorra dei Sautto Ciccarelli del parco verde di Caivano per far arrivare la cocaina a Catania.
Per alimentare le piazze di spaccio la cocaina veniva acquistata dal clan Sautto Ciccarelli camorristico di Caivano. Era una ‘joint venture’ fra organizzazione mafiose quella scoperta dagli investigatori della Direzione distrettuale antimafia di Catania e Polizia di Stato che indagano sui clan Cursoti Milanesi e Cappello-Bonaccorsi.
In particolare, i fornitori di Napoli di droga trafficavano sull‘asse Campania-Sicilia con un ruolo degli indagati siciliani Lorenzo Monaco e Luigi Scudeti entrambi affiliati al clan Cappello-Bonaccorsi. A dimostrarlo un sequestro di tre chilogrammi di coca destinati alle piazze di spaccio catanesi avvenuta il 29 luglio 2019 con l’arresto del ‘corriere’ napoletano Salvatore Sanges.
E’ solo uno dei filoni di inchiesta che ha portato a un’operazione antimafia contro 24 presunti appartenenti al clan dei Cursoti milanesi eseguita la notte scorsa dalla polizia di Catania. L’inchiesta, coordinata dalla locale Direzione distrettuale antimafia, ipotizza, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, estorsione, traffico di cocaina e marijuana, porto e detenzione di armi da fuoco, spaccio di sostanze stupefacenti, danneggiamento commesso con l’uso di armi da fuoco e ricettazione.
La polizia ha documentato “summit di mafia” anche con esponenti del clan Cappello-Bonaccorsi, come Carmelo Fazio e Carmelo Zappalà, per mediare alcuni contrasti di natura economica sorti tra le due cosche. Scoperte un’estorsione al titolare di un parcheggio nel rione San Berillo Nuovo e una tentata a un imprenditore locale.
L’indagine ha fatto emergere il ‘monopolio’ esercitato dal clan Cursoti milanesi sulle numerose “piazze di spaccio” del rione San Berillo Nuovo, i cui gestori sarebbero stati obbligati a rifornirsi di cocaina e marijuana da Carmelo Distefano, che aveva preso il comando della cosca dopo essere stato scarcerato il 24 agosto del 2018 dopo una una pena detentiva, assicurando al clan ingenti proventi che confluivano nella “cassa comune” dell’organizzazione.
Durante l’attività la polizia ha anche sequestrato armi in dotazione al clan, compreso un fucile mitragliatore AK 47, con 50 cartucce calibro 7,62×39, due pistole ed un fucile con le canne mozzate. Infine, l’indagine ha accertato che parte dei proventi erano destinati al mantenimento degli affiliati detenuti e delle loro famiglie di cui i capi del clan.
E’ emersa la consuetudine delle ‘famiglie’ mafiose più rappresentative del catanese di allestire bische clandestine con investimenti comuni e destinarne i proventi illeciti al sostentamento dei detenuti di maggior rango mafioso.
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