Un corto sullo Ius Soli, inclusione cantando Era de maggio. Il documentario musicale che racconta la storia di due artiste di talento nate e cresciute a Napoli ma non ancora italiane.
Un cortometraggio racconta in musica, attraverso la storia di due giovani artiste di talento nate e vissute a Napoli, ma non ancora ‘italiane’ fino alla maggiore età, il tema dello ius soli.
E’ “Un Milione di Italiani (non sono italiani)” il titolo del corto che nasce, dicono gli autori, dal dato per cui circa un milione di giovani nati in Italia non hanno diritti fino al compimento del 18mo anno di età e a volte nemmeno dopo. Una sorta di campagna di promozione per una legge basata sul principio per il quale chi nasce e cresce in Italia ha diritto alla cittadinanza, indipendentemente dalla provenienza dei genitori. “Un Milione di Italiani (non sono italiani)” è tra i cortometraggi selezionati dalla giuria della XX edizione di Alice nella Città – rassegna collaterale e autonoma della Festa del Cinema di Roma (13-23 ottobre). Verrà proiettato, in anteprima World Première, il 16 ottobre (ore 12.00) nell’Auditorium di Via della Conciliazione.
Con la regia di Maurizio Braucci, che ne firma sceneggiatura e soggetto, e’ un documentario musicale sulla vita reale dei figli “italiani” di genitori stranieri, in cui le immagini e i suoni ricordano che la musica ha radici che vanno oltre i confini degli uomini. E’ prodotto da Arrevuoto-Teatro Cinema e Pedagogia e Dedalus – Officine Gomitoli, associazioni che si occupano di sociale a Napoli in collaborazione con Parallelo 41.
Dice Braucci: “Quando ho scelto le due attrici, Sara e Fatima, e le ho sentite cantare, mi sono detto che era assurdo raccontarle perché di famiglia straniera. Ho messo in scena momenti della loro vita quotidiana, con le musiche di due canzoni che raccontassero l’assurdita’ di come funziona l’acquisizione del diritto di cittadinanza. E’ nata l’idea di far ri-arrangiare un classico della canzone napoletana, canzone che Sara cantava spesso. ‘Era de maggio’ in napoletano, singalese e wolof è un inno alla fratellanza, ed è la prova che si può dire ‘core’ in tre lingue diverse ma il ‘cuore’ resta unico”.
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