Tik Tok vietato ai minori di 13 anni e la necessita’ di avere sempre un dialogo aperto con i figli per fare in modo che non ci sia dipendenza dai social e per evitare il rischio cyberbullismo.
E’ stato questo l’obiettivo di “Genitori in blue jeans”, l’incontro promosso ieri da Tik Tok a Napoli, insieme alla Fondazione Carolina con Paolo Picchio, il padre di Carolina, la prima vittima suicida del cyberbullismo in Italia nel 2013. La tappa di oggi arriva dopo gli appuntamenti di Venezia, Assisi, Palermo e Novara.
Giacomo Lev Mannheimer, responsabile relazioni istituzionali in Sud Europa di Tok Tok, ha sottolineato l’impegno della societa’ nel difendere i piccoli e tenere aperto dialogo con i genitori.
“La nostra piattaforma – ha spiegato – ha avuto grande successo e la nostra volonta’ e’ di farci conoscere per dare metodi di intermediazione del digitale. Ci sono strumenti di sicurezza con regole anche per i maggiori di 13 anni, esistono linee guida della comunita’ per cosa fare o non poter fare sulla piattaforma.
Ma la dimensione umana e’ il dialogo piu’ che con i ragazzi, con i genitori, che spesso non hanno chiarezza su cosa fare”. Per Mannheimer “non e’ un male di per se’ l’uso del digitale”.
“I genitori non devono ossessivamente controllare, ma saper aprire un dialogo in cui i ragazzi gli raccontino quello che hanno visto online – avverte – Sul contrasto al cyberbullismo Tik Tok ha regole molto stringenti con funzioni come la limitazione di parole vietate in ricerche e commenti o la non ricezione di messaggi da persone dalle quali non hai accettato l’amicizia.
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Ma la tecnologia non e’ mai risolutiva, serve sensibilizzazione, serve conoscere le piattaforme, provarle e capire cosa c’e’, educare i ragazzi alla consapevolezza, ponendo limiti e divieti perche’ si rendano conto perche’ usano la tecnologia e per quanto tempo si possa farlo senza farsi sopraffare. In questo discorso un grande valore aggiunto arriva a noi dalla Fondazione Carolina”.
A Napoli anche Paolo Picchio, il padre di Carolina. “L’anello debole – ha detto – sono i genitori. Ci sono leggi sull’eta’ a partire dalla quale si possono usare i social. Invece qui alcuni bambini tra i 7 e gli 8 anni hanno lo smartphone e comunicano.
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In Italia tra i ragazzi tra 10 e 13 anni, il 30% soffre il bullismo in rete. Parliamo di un milione di ragazzi di cui il 17% fa autolesionismo e tanti pensano a togliersi la vita, perche’ il mondo virtuale e’ il loro mondo”.
“Serve un mondo vero – il suo auspicio – che parta dal rapporto con i genitori che spessissimo manca. In prima media chiedo ai ragazzi: i genitori vi abbracciano? Solo il 10-15% dice di si’. Significa non far capire ai figli che ‘se hai un problema ci sono io’ e si rompe l’empatia, portando i figli all’isolamento”.
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