Casavatore. La Cassazione dopo circa due anni di tira e molla ha messo definitivamente la parola fine alla diatriba giudiziaria che ha visto da un lato l’ex sindaco Vito Marino.
L’ex primo cittadino fu mandato a casa anzitempo dal Consiglio di Stato, e l’attuale primo cittadino che ha incassato due vittorie definitive che gli consentano di poter dire di essere il legittimo sindaco di Casavatore.
Un KO tecnico che la Cassazione, dopo le difese di Parisi, ha rifilato pochi giorni fa , esprimendosi sul ricorso proposto da Vito Marino, difeso dagli avvocati Marzia Rositani, Raffaele Manfrellotti e Giovanbattista Iazeolla; contro il sindaco Luigi Maglione e D’Auria Alberto, difesi del notissimo avvocato Antonio Parisi che, nella sua lunga requisitoria, ha incassato l’ennesimo successo.
Erano stati impugnati avanti al T.A.R. della Campania da parte di Maglione ( ricorso rigettato ) il verbale di proclamazione degli eletti del 21 ottobre 2020 relativo alla designazione di Vito Marino quale Sindaco del Comune di Casavatore, l’atto di proclamazione del Sindaco del 9 ottobre 2020 e i verbali relativi alle operazioni elettorali di alcune sezioni.
Luigi Maglione, Sindaco uscente, risultato secondo all’esito del turno di ballottaggio, avendo conseguito 3.300 voti contro i 3.302 voti del vincitore, Vito Marino, aveva proposto appello avverso la decisione di primo grado, unitamente ad Alberto D’Auria, elettore iscritto nelle liste elettorali del Comune.
Resisteva, proponendo pure impugnazione incidentale, Vito Marino. Il Consiglio di Stato accoglieva l’appello principale e, per l’effetto, ha proclamato eletto alla carica di Sindaco del Comune di Casavatore l’appellante Luigi Maglione; respingendo, invece, l’impugnazione incidentale di Marino.
Ricorreva per cassazione, avverso la richiamata pronuncia del Consiglio di Stato, Vito Marino, il quale articolava due motivi di censura e proponeva, con un terzo mezzo, svolto in via subordinata, una questione di legittimità costituzionale. Nell’udienza di merito, gli ermellini hanno dichiarato il ricorso inammissibile rigettando l’eccesso di potere giurisdizionale di cui si sarebbe reso autore il Consiglio di Stato.
Quanto alla questione di legittimità costituzionale, è stata ritenuta palesemente irrilevante. La suprema corte, dunque, ha rigettato il ricorso di Vito Marino; condannando la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 5.000 mila euro per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; dando atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Carmine Longhi
(nella foto Luigi Maglione e Vito Marino)
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