A Pozzuoli avvelenamento da verdura: 8 persone in ospedale.Una delle persone ricoverate è in prognosi riservata. Sintomi riconducibili all’ingerimento di “mandragora”, pianta che si sarebbe confusa con spinaci e biete.
Questa notte i carabinieri della compagnia di Pozzuoli sono intervenuti all’ospedale Santa Maria Delle Grazie per alcune persone ricoverate per intossicazione. Si tratta di persone di distinti nuclei familiari, tra i 12 e gli 85 anni, che avrebbero ingerito verdura probabilmente velenosa, acquistata in diversi negozi nei comuni di Quarto e Monte di Procida.
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La sintomatologia sarebbe riconducibile alla “mandragora”, pianta che si sarebbe confusa con spinaci e biete.Una di queste è in prognosi riservata. Accertamenti ASL E Carabinieri in corso. Dai primi accertamenti risulta che la verdura fosse sfusa, non imbustata. Sono in corso gli accertamenti nei negozi dove sono state sequestrate le verdure sotto accusa.
A segnalare l’accaduto, per prima, l’associazione Nessuno tocchi Ippocrate, che ha aggiunto sulla propria pagina Facebook: “L’incidente pare sia dovuto alla somiglianza di questa pianta con i comuni spinaci, errore di qualche fruttivendolo locale?”.
La mandragora (Mandragora officinarum L.) – o mandragola, che dir si voglia – è una pianta appartenente alla famiglia delle Solanaceae.
Divenuta famosa e apprezzata nell’antichità per le sue presunte proprietà magiche, oggigiorno la mandragora rappresenta una pianta piuttosto temuta, poiché altamente tossica e facilmente confondibile con altre piante commestibili. Sono diversi, infatti, i casi di avvelenamento verificatisi in seguito all’ingestione di foglie di mandragora, erroneamente scambiate per foglie di altre specie vegetali commestibili, come spinaci, borragine, alcuni tipi di lattuga, ecc.
Come accennato, la mandragola è una pianta appartenente alla famiglia delle Solanaceae ed è originaria delle regioni mediterranee.
La droga è costituita dalle parti ipogee essiccate, dall’erba fresca e dalla radice.
La mandragora è una pianta erbacea perenne, quasi priva di gambo, le cui foglie formano una rosetta basale. Solitamente, le foglie hanno una forma ovato-lanceolata, sono di colore verde scuro e possiedono un odore sgradevole.
I fiori possiedono un calice lanceolato e la corolla ha una colorazione variabile dal verde chiaro al giallo. I frutti sono bacche aventi forma globosa e colore giallo, la cui dimensione può variare dai due ai quattro centimetri.
La radice è spesso ramificata, di colore marrone e antropomorfa, e può raggiungere dimensioni notevoli, penetrando nel terreno fino a una profondità di ben 60 centimetri.
Le principali sostanze attive contenute all’interno della mandragola e responsabili della sua tossicità sono gli alcaloidi tropanici. Fra questi, i principali sono rappresentati da:
L-iosciamina;
Atropina (miscela racemica composta da D-iosciamina ed L-iosciamina);
Scopolamina (anche nota come L-ioscina).
Questa miscela di alcaloidi tropanici è presente nella radice così come nelle foglie della pianta.
Simili sostanze attive sono presenti anche in altre piante appartenenti alla famiglia delle solanacee, come, ad esempio, l’Atropa belladonna.
Tossicità della Mandragola e meccanismo d’azione degli alcaloidi tropanici
La tossicità della mandragora è dovuta al suo contenuto di alcaloidi tropanici che – agendo a livello dei recettori muscarinici (o colinergici, che dir si voglia) – sono in grado di produrre effetti tossici a carico di diversi distretti e organi (sistema nervoso centrale, apparato gastrointestinale, sistema cardiovascolare, ecc.).
Più precisamente, questi alcaloidi tropanici esercitano un’azione antimuscarinica, ossia sono in grado di bloccare i recettori dell’acetilcolina di tipo muscarinico, impedendo a questo neurotrasmettitore di svolgere le sue normali funzioni all’interno dell’organismo. È proprio a causa di questo blocco che si manifestano i sintomi tipici dell’avvelenamento da mandragora.
I sintomi dell’avvelenamento da mandragora si manifestano in diversi distretti dell’organismo, poiché i recettori muscarinici sono presenti in svariati organi e tessuti.La tipologia dei sintomi e l’intensità con cui si manifestano possono variare in funzione della quantità di sostanze tossiche ingerite.
Ad ogni modo, la sintomatologia dell’avvelenamento da mandragora si caratterizza per la comparsa di:
Secchezza delle fauci;
Visione offuscata e midriasi;
Aumento della temperatura corporea;
Difficoltà di minzione;
Sonnolenza;
Costipazione;
Tachicardia;
Vertigini;
Mal di testa;
Delirio e allucinazioni;
Episodi maniacali;
Confusione mentale;
Difficoltà respiratorie.
Nei casi più gravi, l’ingestione di mandragora – quindi delle sostanze tossiche in essa contenute – può portare al coma e perfino alla morte.
In caso di sospetta ingestione di mandragora e/o nel caso si dovessero manifestare i suddetti sintomi dopo l’ingestione di vegetali apparentemente commestibili, è necessario contattare immediatamente i soccorsi sanitari.
Se prontamente trattato, infatti, l’avvelenamento da mandragora può essere risolto senza gravi conseguenze. Tuttavia, la risoluzione completa di un simile evento dipende fortemente dalla quantità di sostanze tossiche ingerite e dalla sensibilità del singolo individuo nei confronti di queste stesse sostanze.
Ad ogni modo, fortunatamente, in caso di avvelenamento da alcaloidi tropanici è possibile ricorrere ad uno specifico antidoto: la fisostigmina. Questo principio attivo viene somministrato per via parenterale e – grazie al suo meccanismo d’azione – è in grado di incrementare i livelli di acetilcolina a livello delle terminazioni nervose colinergiche, favorendo così il ripristino delle condizioni normali dell’organismo.
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Oltre alla somministrazione dell’antidoto, i pazienti con intossicazione da mandragora devono ricevere tutte le terapie di supporto necessarie, come, ad esempio, lo svuotamento del contenuto dello stomaco mediante lavanda gastrica, l’abbassamento della temperatura corporea (ma senza l’uso di antipiretici), la somministrazione di ossigeno e/o l’eventuale intubazione per contrastare le difficoltà respiratorie e così via.
Impieghi terapeutici degli alcaloidi tropanici contenuti nella Mandragora
Vista la sua tossicità, la mandragora non trova alcun impiego in campo medico, né tantomeno in ambito fitoterapico od erboristico. Tuttavia, gli alcaloidi in essa contenuti vengono sfruttati – agli opportuni dosaggi – in ambito farmaceutico per la produzione di medicinali adatti al trattamento di diversi disturbi.
Ad esempio, la scopolamina è disponibile in preparazioni farmaceutiche iniettabili e cerotti transdermici per il trattamento di nausea e vomito. In forma di composto di ammonio quaternario (scopolamina butil-bromuro), la si può invece trovare in specialità medicinali impiegate per il trattamento degli spasmi dolorosi del tratto gastrointestinale e del tratto genito-urinario (coliche biliari e urinarie).
L’atropina, invece, viene impiegata per il trattamento delle bradicardie sinusali e per la medicazione preanestetica al fine di ridurre la salivazione e le eccessive secrezioni del tratto respiratorio. L’atropina è altresì impiegata in ambito oculistico per indurre midriasi allo scopo di eseguire esami specialistici.
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