Napoli. Al rione Sanità la centrale per i Bitcoin: la scoperta è stata fatta dai carabinieri che hanno indagato sui falsari del “Napoli group”.
Sei le persone indagate e tra queste Giuseppe De Rosa, 33 anni, conosciuto negli ambienti del dark web come “Pino 89” e suo padre Antonio di 58 anni. Con loro indagati, per riciclaggio, altri componenti della famiglia.
Il 18 ottobre prossimo, su richiesta del loro avvocato difensore Luigi Pezzullo, ci sarà un incidente probatorio alla presenza di esperti tecnici per analizzare il contenuto di telefoni cellulari e computer sequestrati nel corso delle indagini coordinate dal pm Claudio Onorati, sotto la guida del procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli (in un pool composto anche dai pm Capasso e Cozza).
La notizia dell’indagine è stata anticipata stamane dai quotidiani Il Mattino e Repubblica ai quali l’avvocato Pezzullo ha anche spiegato: “Non ci sarebbe la consapevolezza della provenienza illecita del denaro, da parte di chi svolge l’attività di imprenditore finanziario. Va ricordato che i bitcoin sono usati in tutto il mondo come delle valute, come un semplice strumento di pagamento, di fronte a uno scenario italiano segnato da un evidente vuoto normativo”.
L’accusa invece sostiene che il gruppo dei De Rosa è in grado di convertire soldi veri, per lo più provento di attività illecite (truffa e evasione fiscale) in moneta elettronica: ovvero bitcoin. Per questo motivo vi è la necessità di analizzare tutto il traffico telefonico e dei computer sequestrati.
Si vuole in pratica capire se il gruppo avrebbe realizzato una serie di portafogli elettronici (wallet), con tanto di codici, credenziali ad appannaggio esclusivo dei clienti. Un posto sicuro dove nascondere i proventi di attività illecite, in particolare truffe, frodi bancarie, anche se non si escludono altre attività illegali. Soldi che diventano puliti e quindi spendibili attraverso il web in tutto il mondo.
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