Riparte la rubrica “Campania d’Autore” con un libro che propone una storia del sud Italia, oltre che del popolo napoletano.
Un evento drammatico che ha lacerato l’intero territorio ed ha avuto ripercussioni sul profilo umano. La storia è quella del terremoto del 1980, sapientemente trattata nel libro “La città puntellata” dello scrittore partenopeo Giuseppe Petrarca ed edito da CentoAutori.
Petrarca, che collabora da diversi anni con l’Organizzazione umanitaria, premio Nobel per la Pace, “Medici senza frontiere”, ha al suo attivo la pubblicazione di “ gialli sociali” scritti per le case editrici Homo Scrivens e Graus, in cui affronta temi spinosi come quelli legati alle lobby farmaceutiche e all’angosciante realtà degli ospedali psichiatrici. Pubblicazioni che gli hanno accreditato numerosi e noti premi, nonché illustri riconoscimenti per la carriera letteraria.
“La città puntellata” ci riporta al 1980, un anno terribile, attraversato da più di un fatto tragico. Alla strage di Ustica e della stazione di Bologna seguì il sisma, che partendo dall’Irpinia diramò la sua potenza devastante e raggiunse Napoli e la Lucania. In un’accorata analisi di quegli anni e dell’accadimento stesso, Giuseppe Petrarca ripercorre quella ferita ancora aperta nonchè la disperazione e l’abbrutimento umano del tempo, dando al suo lavoro letterario l’identità e la struttura del romanzo e non del libro d’inchiesta come si potrebbe pensare.
Sinossi
Napoli è devastata dal sisma del 23 novembre 1980. La gente si riversa nelle strade e nelle piazze, le ambulanze sfrecciano per soccorrere i feriti, si scava freneticamente tra le macerie alla ricerca dei sopravvissuti. Il mancato miracolo di San Gennaro di qualche mese prima, che è il prologo del romanzo, diventa un presagio di sventura su un popolo abituato alla sofferenza e per questo, forse, in grado di sopportarla meglio di altri.
Dopo un primo momento di smarrimento e di paura, si fa spazio la solidarietà e tutti, ognuno nel proprio campo e a modo suo, si mettono a disposizione del prossimo. Nei novanta terrificanti secondi del sisma, infatti, si incrociano le vite dei protagonisti: il dottor Roberto Vitale, neolaureato in medicina che si adopererà, fin dalle prime ore del disastro, a salvare vite umane; l’insegnante Mariangela Greco alle prese con il fallimento del suo matrimonio con l’imprenditore Salvatore Nazzaro, quest’ultimo distrutto dal tracollo finanziario della sua ditta.
Il giornalista Antonio Di Carlo, inviato del quotidiano “Il Mattino” nelle zone della Lucania devastate dal sisma tormentato dall’amore struggente e clandestino con Mariangela; la professoressa Enza De Martino, collega e amica di Mariangela, che perderà il marito Ciro nel crollo della sua abitazione e il vicequestore Francesco Amendola, alle prese non solo con le faide camorristiche ma anche con la lotta alle organizzazione criminali che si fiondano sui soldi della ricostruzione.
Una Napoli lacerata nel corpo e nella mente, in cui le macerie reali rappresentano la metafora di quelle che cadranno sulla coscienza civile della città negli anni a venire, gli anni della deregulation, delle speculazioni, del dilagante fenomeno eversivo, delle connivenze tra politica e camorra.
Il prologo del libro propone una suggestiva descrizione della scena, in corso all’interno del Duomo di Napoli, in cui il popolo trepidante invoca la protezione di San Gennaro attraverso la liquefazione del sangue. Era il 19 settembre del 1980 ed il miracolo del Santo non avvenne. Un segno che lasciò sgomenti ed impietriti i fedeli in attesa. Si preannunciava la sciagura, che non tardò ad arrivare, che si materializzò solo due mesi dopo: domenica 23 novembre.
“Napoli è un corpo impaziente di risorgere. Napoli è un sangue ansioso di rinascere. Un popolo in fermento, smanioso di ritrovare, in quel sangue, la forza per andare avanti”
I cinque protagonisti della storia sono proprio lì, in quella chiesa, ciascuno con il proprio sentire e la propria suggestione, le cui vite e traumi personali s’intrecciano con la storia collettiva. L’autore ha inserito nel suo romanzo persone realmente esistite in quel tempo, delle quali ha recepito la struttura portante per poi amplificarla con la fantasia.
L’intento perseguito nel libro non è infatti l’esigenza di cronaca, ma il sentimento di coloro che hanno vissuto il dolore di quel drammatico evento sulla propria pelle, per scandagliarne l’animo umano. Enza, Mariangela, Ciro, Salvatore, Antonio, Francesco, i protagonisti sensibilmente raccontati dal talento letterario dell’autore, sono tutti attraversati da un fallimento esistenziale che affonda le radici in cause diverse, ma rappresentano anche lo sgretolamento di una società già agonizzante, che dopo il sisma deve fare i conti con il malaffare propagatosi ai danni della gente martoriata ed in fermento.
In questo contesto dominato dalla precarietà e dall’angoscia, quel “prodigio” non avveratosi, quel sangue non liquefatto rappresenta per l’autore la pietra che si è abbattuta sul territorio sotto le sembianze di maceria fisica disseminata dal terremoto, che si traduce altresì in pietra che pesa sulle nostre coscienze.
Risultano coinvolgenti i paralleli che descrivono la realtà del terremoto a Napoli ed in Basilicata, testimoniati dalla fervente attività giornalistica del tormentato Antonio De Carlo, lucano, esponente de Il Mattino, la testata che riportava le notizie con instancabile continuità e di cui viene qui evocato il famoso titolo, rimasto nella storia, “Fate presto!” Quello che può definirsi un urlo scritto – agghiacciante e realistico – dell’emergenza dettata dalla perdita di vite umane incolpevoli ed ignare.
“La città puntellata” è un libro appassionante, che esprime Napoli in tutti gli aspetti. Dalla storia, all’autore, alla casa editrice la città partenopea è testimonianza di un percorso storico che ancora risuona nell’animo di ciascuno di noi, ma anche del genio di un autore nostrano nella sua ancora dolente metropoli.
Annamaria Cafaro
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