“Siamo pagati per produrre risultati. E ci proveremo. Non esiste una squadra forte sulla carta, le squadre sono tante cose insieme. Noi dobbiamo essere bravi a sopperire a qualche limite con la personalità e il gioco”. Luciano Spalletti ha grande fiducia nel suo Napoli nonostante un’estate di tanti cambiamenti.
“Si è chiuso un ciclo importante, con giocatori che hanno fatto la storia e apriamo insieme un’altra pagina – racconta in un’intervista al ‘Corriere della Sera’ – Il nuovo Napoli vira nella direzione dei giovani forti, nel ridimensionamento degli ingaggi e nella filosofia della sostenibilità. Attorno a noi avverto scetticismo, mi dispiace. Perché ce la stiamo mettendo tutta per farci trovare pronti. Grazie a un mercato che, entro certi confini, sia funzionale alle nostre esigenze”.
“Dybala non è arrivato, sento dire qua e là. Il tentativo è stato fatto dalla mia società, poi devi fermarti quando ci sono gli steccati – ha rivelato -. Questo non ci deve far sentire da meno. Tutte le squadre di vertice, e oltre alle milanesi e alla Juventus si sono aggiunte anche Roma e Fiorentina, si sono rinforzate in maniera significativa. Noi facciamo il nostro percorso sapendo che questo sarà un campionato anomalo e dunque strano per tutti. Le partite si giocano in campo non fuori. Vediamo, intanto il mercato è ancora lungo”.
Via Mertens (“Avrebbe potuto darci una grande mano. Ma la società gli ha fatto una proposta e lui non ha accettato. Mi tengo fuori da queste dinamiche, ed è giusto così”), potrebbe arrivare Raspadori. “Non è un mio giocatore ma è un ragazzo che avrebbe tutte le caratteristiche per darci una mano. Giovane, forte, versatile in tutti i ruoli dell’attacco, intelligente e soprattutto educato. Ha personalità, e noi ne abbiamo persa un po’ nel passaggio da un ciclo all’altro. Vediamo, con lui saremmo nella giusta direzione. Sarebbe il sostituto naturale di Mertens”.
Spalletti chiede anche a chi è rimasto di fare un passo avanti ma soprattutto fa un appello alla città: “Mi piacerebbe se diventasse più brava a interpretarci: la passione per il calcio è viscerale, unica. Ma ci sono momenti e momenti e non è che se si fa un campionato ad alti livelli, rompendo anche il clima di depressione che ho trovato quando sono arrivato, poi se non vinci lo scudetto non hai fatto nulla, anzi per qualcuno hai fallito. Sono stato il primo a coltivare l’ambizione di vincere, ho alzato l’asticella nel mio spogliatoio per accrescere l’autostima dei calciatori. Siamo riusciti a fare grandi cose, con quasi mezza squadra con il contratto a scadenza”.
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