Si è rivolta alla Associazione Giustitalia, la signora Mariangela di Cerbo nata a Dugenta in Provincia di Benevento il 17.9.1914 (attualmente all’estero), due anni dopo che il Titanic affondava per sempre nell’Oceano e lo stesso anno che l’Italia entrava nella Prima Guerra mondiale, per essere assistita nella seguente problematica.
Tutto inizia qualche mese fa, quando alcuni parenti dell’anziana signora ritrovano a casa della donna, alcuni buoni postali fruttiferi di lire 10 milioni ciascuno emessi nel 1986 ed intestati alla stessa per un valore totale di 80 milioni del vecchio conio.
Poste italiane, attinte da una richiesta di rimborso, avevano effettuato un calcolo “al ribasso” ammontante a poco più di 398 mila euro circa.
In realtà ad un più attento esame della giurisprudenza di merito e delle recenti decisioni dell’Arbitrato Bancario Finanziario, è emerso che l’importo dovuto era praticamente più del doppio rispetto a quello prospettato da Poste in quanto i tassi di interessi che devono essere applicati sono quelli stampati sul retro del buono e non quelli (notevolmente inferiori) che si sono succeduti nel corso degli anni (peraltro sempre più bassi a causa dell’inflazione sempre crescente).
In linea generale, infatti, occorre considerare che la capitalizzazione al netto della ritenuta fiscale, per ciascuno dei primi 20 anni di durata dei Buoni, è illegittima in quanto in tale caso verrebbe anticipato il momento impositivo previsto dalla normativa primaria. L’articolo 26 del Dpr 600 del 1973, prevede infatti l’applicazione della ritenuta in base al principio di “cassa” e non a quello della maturazione. E i Bfp a differenza dei BTp non distribuiscono cedole nel corso della loro durata.
Gli interessi maturano ogni bimestre e vengono incassati dal sottoscrittore solo quando si presenta all’ufficio postale per riscuotere il montante. Non è quindi equo anticipare l’applicazione dell’imposta, anche perché la ritenuta fiscale viene girata dalle Poste allo Stato solo quando il sottoscrittore presenta il Bfp all’incasso.
L’azione rispetta il requisito dell’omogeneità dei diritti in quanto Poste Italiane commetterebbe errori sistematici: la stessa, infatti, calcola i rendimenti dovuti ai risparmiatori, di anno in anno, capitalizzandoli al netto della ritenuta fiscale, erodendo così il montante per ciascun anno di maturazione del titolo, senza che a tale erosione del montante corrisponda un versamento su base annuale della ritenuta all’Erario.
Poste ritiene di applicare tale metodologia di calcolo sulla base dell’articolo 7 comma 3 del Dm 23 giugno 1997, ma tale norma precisa semplicemente che sul montante dei Buoni Serie Q gli interessi “continueranno” a essere applicati annualmente al netto della ritenuta fiscale.
La somma totale dovuta per il rimborso dei buoni predetti – fa sapere l’Associazione Giustitalia (www.associazionegiustitalia.it) che si occupa a livello nazionale ed internazionale della riscossione dei buoni postali e dei Titoli di Stato – ammonta a 815.750,00 euro.
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