Omicidio Vassallo, nove indagati: ma chi è il killer?
E’ questa la domanda da un milione di dollari e alla quale la Procura di Salerno, sembra non poter dare una risposta in questa fase della nuova inchiesta. Alcune novità investigative, vecchie piste riprese ma siccome il presunto mandante è deceduto ( e non potrà difendersi) forse non sapremo mai chi ha premuto il grilletto la sera del 5 settembre di dodici anni fa. Di sicuro un killer non esperto perché ha dovuto esplodere ben nove colpi per uccidere da distanza ravvicinata Angelo Vassallo.
Secondo quanto emerge dalla nuova inchiesta della Procura di Salerno, il sindaco “Pescatore” disse ‘no’ ad un tentativo di ricatto e corruzione da parte di un broker internazionale di stupefacenti che ne decretò la morte. È questo il movente individuato per la morte di Angelo Vassallo.
Un delitto nel quale non sono mancati poi depistaggi, telefonate, un incrocio di minuti e destini, un intreccio di testimonianze a volte dissonanti. Sono questi i risvolti dell’inchiesta che ha portato ieri all’attuazione di un decreto di perquisizione, nei confronti di nove indagati accusati – a vario titolo – di omicidio aggravato dall’associazione mafiosa finalizzata al traffico di stupefacenti.
Quello di ieri sembra un colpo di scena nell’inchiesta – più volte finita in un vicolo cieco – per la morte del sindaco di Pollica, ucciso il 5 settembre del 2010.
Eppure, la nuova formulazione del quadro indiziario, i nomi degli indagati, e gli elementi raccolti in questi anni dalla Procura di Salerno gettano nuovi inquietanti interrogativi sull’uccisione di Vassallo.
Ma oltre all’interrogativo su chi è il killer: ve ne è anche un secondo. A giudicare dagli elementi emersi in queste ore, fin dal 2016, gli inquirenti avevano un quadro delineato su movente, responsabilità, cointeressenze e coinvolgimenti, perchè solo oggi a distanza di sei anni da quella data e dodici anni dopo il delitto si è proceduto a formalizzare le accuse?
È un quadro complicato da aspetti che spesso non combaciando l’un con l’altro e che pure sono stati messi insieme dalla Procura per formulare il capo di imputazione che qualora reggesse dovrebbe portare i nove indagati dinanzi ad un giudice.
Ma andiamo con ordine.
Ieri mattina è stato eseguito un decreto di perquisizione, emesso dalla procura di Salerno retta da procuratore Giuseppe Borrelli, nell’ambito dell’inchiesta per la morte di Angelo Vassallo.
Indagati per omicidio aggravato dall’associazione mafiosa finalizzata al traffico di stupefacenti: il tenente colonnello Fabio Cagnazzo, 51 anni e due uomini della sua squadra investigativa di Castello di Cisterna l’ex carabiniere Luigi Molaro di Cercola 42 anni; l’ex brigadiere di Caserta Lazzaro Cioffi, 60 anni di Casagiove, arrestato e condannato a 15 anni di reclusione nell’ambito di un’inchiesta per corruzione e traffico di stupefacenti.
Insieme ai tre carabinieri sono indagati due pentiti scafatesi, originari di Castellammare di Stabia, Romolo e Salvatore Ridosso – padre e figlio – e l’imprenditore di Scafati Giuseppe Cipriano, ex titolare del cinema Odeon e all’epoca del delitto gestore di due sale cinematografiche ad Acciaroli e ad Agnone Cilento.
Il mandante del delitto, secondo la procura, sarebbe Raffaele Maurelli, soprannominato ‘Lello ‘o nir’ o tic tac, imprenditore originario di Castellammare di Stabia e residente a Scafati, cugino dei Ridosso, coinvolto in un traffico internazionale di stupefacenti. Maurelli, arrestato e scarcerato nel 2017, ritenuto un broker della droga per conto del clan Di Lauro di Napoli, è deceduto due anni fa.
Secondo quanto emerge dagli atti del decreto di perquisizione della Procura salernitana, fu Maurelli ad organizzare il delitto di Angelo Vassallo, attraverso Giuseppe Cipriano dopo aver tentato di corrompere, e utilizzando i due Ridosso per un sopralluogo sul luogo dell’omicidio alcuni giorni prima del delitto. Il tutto per impedire al sindaco di denunciare un traffico di stupefacenti, in particolare cocaina, fra Castellammare di Stabia e il Cilento.
La ricostruzione della Procura di Salerno è documentata da intercettazioni, testimonianze, ma in questo puzzle sembrano esserci tasselli che non si incastrano perfettamente.
Vassallo nell’agosto del 2010, emerge dall’inchiesta, contattò il procuratore capo di Vallo della Lucania, Alfredo Greco per raccontargli di aver scoperto un ‘gommone’ che sbarcava stupefacente nel porto di Acciaroli. Prese contatti diretti con Greco perchè non si fidava dei carabinieri della stazione di Pollica, tanto che aveva organizzato una ‘sua’ squadra investigativa con i vigili urbani del suo comando per raccogliere indizi e indagare sugli strani sbarchi.
Chiese, in una telefonata, al procuratore Greco di parlare con un carabiniere ‘affidabile’ e quell’incontro che doveva sfociare in una denuncia si sarebbe dovuto tenere il 6 settembre 2010. Vassallo non fece in tempo a formalizzare accuse e preoccupazioni fu ucciso il 5 settembre.
Secondo la Procura, il promotore del traffico di stupefacenti sarebbe stato Maurelli, Giuseppe Cipriano sarebbe stata una sua pedina e i Ridosso, padre e figlio, suoi complici.
Il broker con contatti con il clan Di Lauro – secondo il pentito Nicola Schiavone – avrebbe individuato ad Acciaroli un deposito dove stoccare la droga. La struttura sarebbe stata messa a disposizione dai fratelli Palladino, Domenico (all’epoca consigliere comunale di Pollica), Giovanni e Federico. I tre imprenditori cilentani, titolari di alcune strutture ricettive, in particolare dell’albergo Tre Palme, ospitavano in quel periodo, attraverso il tenente colonnello Cagnazzo, persone sotto protezione, perlopiù familiari di collaboratori di giustizia dell’area napoletana.
Il tenente colonnello dei carabinieri, secondo la procura, avrebbe messo in atto diversi tentativi di depistaggio dopo il delitto Vassallo per coprire il traffico di stupefacenti e i colpevoli dell’omicidio Vassallo. Un depistaggio per il quale Cagnazzo non è accusato visto che pochi mesi dopo il delitto fu indagato dalla Procura di Salerno che archiviò successivamente le accuse a suo carico e a carico di Luigi Molaro.
Un depistaggio che oggi, dodici anni dopo, è uno dei pilastri fondamentali delle accuse. In particolare la Procura paventa addirittura un coinvolgimento diretto nell’omicidio. In particolare si fa riferimento nel decreto di perquisizione ad una telefonata ‘muta’ che il carabiniere Luigi Molaro fa a Cagnazzo due minuti dopo il delitto Vassallo, alle 21.14 del 5 settembre 2010.
Subito dopo i due si incontrano a cena e poi comincia la loro presunta attività di “sviamento delle indagini”. Si tratta di “dati inquietanti”, secondo la Dda di Salerno, che ha perquisito sequestrato i telefoni cellulari e indagato i due militari dell’Arma insieme a Lazzaro Cioffi, i quali sono accusati anche dell’omicidio proprio perchè i successivi depistaggi sarebbero stati, appunto, “preordinati”.
Il tenente colonnello Cagnazzo, emerge dall’inchiesta, era un “grande amico” dei fratelli Domenico, Giovanni e Federico Palladino, imprenditori di Acciaroli e ritenuti parte attiva nel traffico di droga la cui scoperta da parte del ‘sindaco pescatore’ gli sarebbe costata la vita.
L’ufficiale avrebbe anche agevolato un progetto imprenditoriale dei tre, riguardante la gestione di alcune pompe di benzina, consigliando loro di coinvolgere anche il suo fidato carabiniere Cioffi. La cosa che insospettisce gli inquirenti e’ quello che viene definito l’ “attivismo” di Cagnazzo e Molaro, ufficialmente in vacanza ad Acciaroli, subito dopo l’omicidio di Vassallo.
Cagnazzo, infatti, si trova sul luogo del delitto al momento dei rilievi effettuati dalla polizia giudiziaria competente; sente “informalmente” un possibile testimone (un altro carabiniere che viveva li’ vicino) e poi, insieme a Molaro, si impossessa delle registrazioni delle telecamere di sorveglianza di un esercizio commerciale: riprese utilizzate, secondo l’accusa, “per indirizzare le attività investigative” nei confronti di Bruno Humberto Damiano, alias ‘o brasiliano, uno spacciatore sul quale Cagnazzo avrebbe volutamente indirizzato i sospetti per coprire i veri responsabili. Damiano è stato indagato dalla procura di Salerno per l’omicidio e successivamente la sua posizione è stata archiviata.
Secondo la Dda di Salerno l’attività di Cagnazzo e dei suoi uomini costituisce un “palese travalicamento delle proprie competenze da parte dell’ufficiale e del suo ex subordinato” e che, “allo stato degli atti, appare di oggettivo depistaggio delle investigazioni”. Un depistaggio, però, che non sarebbe stato improvvisato dopo l’omicidio ma studiato a tavolino, “preordinato”.
A sostegno di questa ipotesi gli inquirenti collocano, tra l’altro, “i dati inquietanti costituiti dalla chiamata rimasta senza risposta ricevuta da Cagnazzo alle ore 21.14 del 5 settembre 2010, proveniente dal carabiniere Molaro, con il quale egli si sarebbe unito pochi istanti dopo per partecipare ad una cena”.
Tutto cio’, “in perfetta coincidenza temporale con l’agguato al sindaco (esattamente due minuti dopo)” ed anche con una “aggressione intimidatoria posta in essere dall’ufficiale nei confronti” del titolare di un’agenzia immobiliare di Casa Velino che aveva frequentato assiduamente Vassallo nei giorni precedenti l’uccisione e che, subito dopo, aveva riferito a più persone che il sindaco aveva scoperto il traffico di droga in cui i fratelli Palladino e Cagnazzo sarebbero stati coinvolti (l’uomo venne “picchiato violentemente ad Acciaroli” il 10 ottobre 2010).
Queste circostanze, scrive sempre la Dda, “lasciano allo stato ritenere, sul piano indiziario, la possibilità che il successivo intervento depistatorio realizzato dal tenente colonnello Cagnazzo e da Molaro potesse essere stato preordinato, con evidenti ricadute in tema di loro responsabilità quanto al reato di omicidio volontario”.
Ma tutto questo come si lega ad un episodio raccontato da Salvatore Ridosso di un sopralluogo per spiare le mosse del sindaco Vassallo fatto insieme a Cipriano e al padre Romolo?
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Salvatore Ridosso nel 2014 si confida con un tenente dei carabinieri della compagnia di Scalea facendo le prime rivelazioni sull’omicidio Vassallo.
Sostiene di aver ricevuto la visita di Lazzaro Cioffi, un carabiniere che conosceva, che era preoccupato per le indagini che lo riguardavano per l’omicidio Vassallo. Eppure nel 2014 Cioffi non era ancora stato indagato. Viene formalmente indiziato per il delitto di Pollica nel 2018 quando viene arrestato dalla Dda di Napoli per il suo coinvolgimento in un traffico di stupefacenti con esponenti della camorra del Parco Verde di Caivano, processo nel quale è stato condannato a 15 anni di reclusione in primo grado.
Salvatore Ridosso racconta di aver ricevuto la visita di Cioffi che gli ha manifestato le sue preoccupazioni in merito alle indagini.
E il tenente di Scalea raccoglie le sue dichiarazioni in due informative che poi consegna alla Procura di Salerno.
Devono passare due anni prima che il pentito scafatese venga ascoltato di nuovo dai pm di Salerno nell’ambito dell’inchiesta per l’omicidio. Un interrogatorio che avviene tra giugno e luglio del 2016. Il tenente, nell’ottobre del 2016, racconta che Salvatore Ridosso in entrambe le circostanze in cui è stato sentito da lui nel 2014, ha ribadito che né lui né il padre Romolo erano coinvolti nell’omicidio, anzi parlava di un tranello tesogli da Cipriano e Maurelli per portarli sul luogo dove sarebbe avvenuto il delitto il 5 settembre del 2010.
Giuseppe Cipriano viene formalmente indagato nel 2018 per la partecipazione all’omicidio di Angelo Vassallo e chiarisce in un interrogatorio del 2018 di non essere mai andato in macchina con Salvatore e Romolo Ridosso per un sopralluogo ad Acciaroli per uccidere Vassallo, e di aver ricevuto la visita di Romolo Ridosso ad Acciaroli in un paio di occasioni tra il 2006 e il 2008.
Il tenente che raccoglie le confidenze di Salvatore Ridosso, sentito a verbale racconta: “Se non ricordo male mi disse (Salvatore Ridosso, ndr) che il sindaco aveva scoperto un traffico di stupefacenti che avveniva attraverso imbarcazioni che partivano dal porto di Castellammare di Stabia. La droga veniva presa nelle zone di Secondigliano da alcuni esponenti del clan Amato/Pagano, caricato sulle imbarcazioni al porto di Castellammare e di qui veniva condotto al porto di Acciaroli da dove poi veniva smistata per la Calabria e per la zona del Cilento”.
Il tenente riferisce di aver saputo da Salvatore Ridosso che Maurelli avrebbe tentato di ricattare Vassallo perchè aveva saputo che la figlia gravitava nell’ambito del consumo di stupefacenti e lo stesso primo cittadino non era irreprensibile nella sfera strettamente privata. “Lo scopo del ricatto era quello di ottenere una concessione relativa alla gestione di un lido di Pollica dove poter far sbarcare quantitativi di stupefacenti provenienti dall’area napoletana” scrivono gli inquirenti nel decreto di perquisizione. Dietro Maurelli, secondo quanto riferisce Ridosso, c’era anche il clan Aquino Annunziata che aveva deciso di stoccare la droga in un deposito di Pollica.
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