Per i giudici di Napoli: “Cosentino ha avuto accordi coi Casalesi per tutta la sua carriera politica”. Pubblicate le motivazioni della sentenza di appello di condanna a 10 anni di carcere.
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L’accordo illecito tra Nicola Cosentino e il clan dei Casalesi “e’ perdurato sostanzialmente nell’arco dell’intera ascesa politica di Cosentino, che e’ stato deputato della Repubblica Italiana dal 9 maggio 1996 al 14 marzo 2013, per quattro consecutive legislature, ricoprendo durante l’ultimo incarico di deputato, dal 12 maggio 2008, la carica di Sottosegretario all’Economia nel quarto Governo Berlusconi”.
Lo scrivono i giudici della Corte d’Appello di Napoli che oltre un anno fa, era il 21 luglio 2021, condannarono l’ex uomo forte di Forza Italia in Campania a dieci anni di carcere per concorso esterno in camorra, nel processo cosiddetto Eco4 sull’infiltrazioni politico-mafiose nel settore dei rifiuti.
Le motivazioni sono state depositate il 21 luglio scorso, ad un anno esatto dall’udienza in cui fu letta la condanna contro cui i legali di Cosentino – Stefano Montone, Agostino De Caro ed Elena Lepre – faranno ricorso in Cassazione.
La Corte d’Appello ha aumentato di un anno la pena inflitta in primo grado dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, e rispetto a quest’ultimo ha esteso la responsabilita’ di Cosentino per il concorso esterno fino al 2009, ritenendo dunque provata la sua contiguita’ al clan, nella veste di “referente nazionale dei Casalesi” oltre il 2004, anno in cui si fermava la sentenza di primo grado.
La Dda di Napoli aveva infatti presentato appello ritenendo che l’appoggio di Cosentino al clan fosse andato avanti almeno fino al 2009, saldandosi con le condotte contestate in altre due indagini antimafia successive che hanno coinvolto il politico, anche se in entrambi i processi l’ex coordinatore campano di Forza Italia e’ stato assolto in appello.
Assoluzioni, queste ultime, ritenute non rilevanti nel processo Eco4, il piu’ importante tra i procedimenti a carico di Cosentino. “Per mantenere il suo impegno nei confronti del sodalizio – si legge nella motivazione della sentenza d’appello – Cosentino ha strumentalizzato il delicato ruolo istituzionale, non facendosi scrupolo di piegarlo agli interessi del clan camorristico, oltre che ai suoi personali interessi”.
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