Conclusosi positivamente il Mese mariano di Maggio a Pompei, vale la pena di fare insieme al lettore alcune considerazioni.
Il titolo lo abbiamo stralciato dal testo di quella che riteniamo la piu’ bella poesia in lingua napoletana messa in musica: Era de maggio. Le parole della canzone, scritta per il Festival di Piedigrotta del 1885, sono di Salvatore Di Giacomo, il più grande poeta napoletano. Egli, a nostro modesto avviso, è certamente nel gruppo dei più grandi poeti del mondo e, comunque, dei più noti per i testi scritti.
La musica della canzone fu composta da un meridionale, nato a Taranto: Pasquale Mario Costa, tenore e musicista, famoso come Mario Costa tout court in Francia, dove riscosse grande successo. La storia, in breve, parla di un amore che vince la forzata lontananza, ritrovandosi a Maggio “…quanno tornano lle Rose”.
Ebbene, è un po’ quello che succede a Pompei tra il popolo di Dio dei pellegrini – in gran parte Napoletani e Meridionali, ma non solo – che tornano anno dopo anno, affrontando il viaggio e i disagi necessari per ritrovare la Madonna di Pompei e anche le proprie radici religiose.
La pandemia aveva dato un serio colpo ai viaggi e ai pellegrinaggi, facendo addirittura temere che Pompei avesse perso la “presa” sulle masse cattoliche di riferimento, come è giù successo al Santuario di Montevergine, fino al dopoguerra una delle mete religiose preferite dai Napoletani che avevano un debole per Mamma Schiavona, la Madonna nera di Montevergine.
E già avevano cominciato a circolare rumors – incontrollati e poco affidabili, ma ricorrenti – circa il fatto che il termine del mandato dell’Arcivescovo Tommaso Caputo, Prelato Pontificio in carica, avrebbe segnato il termine della vita del Santuario di Pompei come sede di una Prelatura Nullius.
La notizia era data a mezza bocca, nella consapevolezza che l’eventuale avverarsi della previsione, per la Pompei nuova – nata per intuizione e volontà di Bartolo Longo, assemblando quattro lembi periferici di territorio ritagliati da altrettanti Comuni contigui e cioè: Boscoreale, Scafati, Gragnano e Torre Annunziata – avrebbe costituito un evento in sé negativo per il Comune di Pompei.
In più lo scenario catastrofista trovava riscontro nel lento declino già in atto per Pompei nel comprensorio vesuviano, nonostante il buon momento vissuto dal Turismo archeologico, a Pompei e negli altri Scavi vesuviani.
C’era infatti, prima della pandemia, chi ribatteva che il fenomeno dell’aumento dei turisti visitatori interessava tutto il territorio campano, tant’è che, statistiche alla mano, si poteva constatare l’andamento molto più significativo della curva di ascesa delle presenze turistiche a Napoli. Non a caso oggi Napoli è ancora il vero fulcro trainante del turismo campano, in questo post-pandemia funestato dalla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina (ndr: Così è. Da qualsiasi angolatura la si voglia guardare e a parte ogni altra speciosa considerazione storico-politica).
Ma il fatto nuovo si è verificato a Pompei nel Maggio appena conclusosi, che ha visto una pioggia di pellegrinaggi che lascia ben sperare per il futuro. In particolare ne citiamo due – tra i tanti pellegrinaggi di più modeste dimensioni numeriche – soprattutto perché sono stati portati a termine a piedi con interminabili ore di cammino faticoso a piedi e si sono svolti in contemporaneità. Il più numeroso è stato quello giunto a Pompei da Napoli dove, prima di affrontare il percorso in processione di circa venticinque chilometri, l’Arcivescovo Domenico Battaglia ha benedetto i pellegrini nella basilica di Santa Maria del Carmine Maggiore.
E poi Battaglia ha precisato che la marcia da Napoli verso il Santuario di Pompei è : Una tradizione che si rinnova da centoquarantacinque (!) anni, che assume oggi, mentre in Ucraina si combatte, un significato particolare nella ricerca della pace. Subito dopo la funzione, decine di migliaia di pellegrini hanno quindi percorso con lui la antica Strada Statale N° 18.
E’ stata quest’anno la “Marcia dei Sessantamila”, come da subito la stampa la ha battezzata, sottolineando la eccezionalità dell’evento.
L’altro pellegrinaggio, la seconda “marcia” per numero di partecipanti – che citiamo per la straordinarietà del faticoso e lungo percorso a piedi – è stata quella guidata da Mons. Francesco Alfano, Vescovo dell’Arcidiocesi Sorrento/ Castellammare verso il Santuario di Pompei. La partenza è stata data a Sorrento nella tarda serata del 27 maggio e la marcia è continuata durante la notte, attraverso i paesi dei Monti Lattari, dove altri pellegrini hanno ingrossato la chilometrica processione. I pellegrini marcianti sono arrivati al Santuario mariano di Pompei alle sei e mezza del mattino del giorno successivo, il 28 di Maggio.
La grande partecipazione fa ben sperare per il futuro. Come chiudere senza sproloqui? Crediamo vada bene così: prendendo a prestito le parole di Salvatore Di Giacomo: Torna Maggio e torna Ammore.
Federico L.I.Federico
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