“La vita è fatta di incontri. E per me è stato decisivo imbattermi in Lina Wertmller, a lei devo i miei migliori film“.
Giancarlo Giannini celebra così con AGI la regista scomparsa nel dicembre scorso e il loro connubio che ha partorito nove film, dai musicarelli con Rita Pavone a titoli cult come ‘Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto’ e ‘Pasqualino Settebellezze’: il film del ’75 candidato a quattro premi Oscar (tra cui miglior regista e miglior attore), stasera, alla presenza dell’attore, sara’ in scena al Pesaro film Festival nella versione restaurata da Genoma Films con la Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale.
La storia di quel guappo proletario della Napoli del ’36 che uccide il seduttore di una delle sue sette sorelle e riesce quindi a superare a colpi di espedienti ogni ostacolo, dal manicomio criminale al lager nazista, racconta, è una storia vera: “Pasqualino Settebellezze è esistito davvero, era un ebreo napoletano che ho conosciuto a Cinecittà – chiarisce – faceva l’acquaiolo, andava in giro con una grossa tanica bianca e vendeva a cinque lire i suoi bicchierini d’acqua. Era molto brutto, e a Napoli di chi a dispetto dell’aspetto ha successo con le donne si dice “tiene le sette bellezze
“.“Mi raccontò la sua storia, carcere compreso, perfetta per un film“. Detto fatto Giannini lo portò a casa della Wertmller: “Restammo a chiacchierare tutto il giorno, registrammo otto ore di conversazione e da li’ prese vita il film, una delle mie migliori interpretazioni, grazie a Lina“.
E’ stata Wertmller, insiste, che gli ha insegnato “tutti i trucchi del mestiere”: “Era un’esperta di fotografia, di musica, di montaggio, di trucco, perdeva ore per un primo piano“.
“Peccato, puntualizza, che la critica non seppe capirla. ‘Travolti da un insolito destino fu travolto da critiche negative, di me scrissero che ero un attore di quinta serie Ma quando la critica americana si entusiasmo’ in molti in Italia rielaborarono, in positivo, le recensioni“.
Senza Wertmller, analizza Gianini, avrebbe fatto poco, “probabilmente sarei un perito elettronico, il mio primo mestiere. Lina venne a vedere un mio spettacolo all’Accademia Silvio D’Amico e da lì nacque tutto. E’ stata la mia maestra, ma oltre al coté professionale, il nostro segreto stava nel divertimento”.
E se oggi il mondo proletario, gli operai, i marinai raccontati dalla regista scomparsa non ci sono più, Giannini è convinto che con la sua curiosità e con la sua capacità di analisi sociologica, “Lina sarebbe stata in grado di tirare fuori delle belle storie anche dal mondo del web e dello smart working“.
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