il 26 novembre 1922 quando l’archeologo ed egittologo britannico Howard Carter, eseguito un piccolo foro nell’intonaco di copertura di una parete sotterranea, getta per la prima volta lo sguardo nella camera sepolcrale della tomba del faraone Tutankhamon. La stanza è stracolma di oggetti e praticamente intatta e si appresta ad entrare nella leggenda.
Oggi quello di Tutankhamon è un nome entrato nell’immaginario collettivo mondiale: per tutti racchiude quanto di più imponente e misterioso possano evocare l’Antico Egitto, le sue piramidi, la leggenda della maledizione del faraone. Pochi, però, associano la sua celebrità a una convergenza di fatti unici e soprattutto all’ostinazione di quell’archeologo inglese che ne scoprì la tomba proprio negli anni in cui mezzi di comunicazione di massa cominciavano a rivoluzionare completamente le nostre vite.
Per celebrare il centenario di quella rivoluzionaria scoperta che cade nel 2022, solo il 9, 10, 11 maggio (elenco sale su nexodigital.it) arriva al cinema il docu-film ‘Tutankhamon. L’ultima mostra’, diretto da Ernesto Pagano e prodotto da Laboratoriorosso e Nexo Digital.
Per la prima volta gli spettatori cinematografici avranno così un’opportunità straordinaria: incontrare il faraone, rivivendo sul grande schermo quei momenti unici e seguendo in esclusiva lo spostamento di 150 oggetti del tesoro di Tutankhamon per la più grande mostra internazionale mai dedicata al Golden Boy che il fotografo Sandro Vannini ha seguito in esclusiva mondiale: l’ultima mostra in assoluto dedicata al tesoro perché, per volere del governo egiziano, ora questo patrimonio immenso diverrà inamovibile e potrà essere visitato solo nella sua sede del Cairo.
A guidare lo spettatore attraverso la scoperta, la voce di Manuel Agnelli, sin da giovanissimo appassionato di Antico Egitto e rimasto folgorato dalla visita della tomba di Tutankhamon nel 1996.
Il docu-film offre un accesso esclusivo ad alcuni dei luoghi che ancor oggi rappresentano il cuore pulsante della leggenda di Tutankhamon, proprio a partire dai primi istanti che segnarono la scoperta della celebre tomba.
“Fra il profondo silenzio, la pesante lastra si sollevò. La luce brillò nel sarcofago. Ci sfuggì dalle labbra un grido di meraviglia, tanto splendida era la vista che si presentò ai nostri occhi: l’effige d’oro del giovane re fanciullo”, annotò Howard Carter.
Scopriremo questa storia attraverso i dipartimenti dell’area restauro del nuovo Grand Egyptian Museum di Giza, ancora chiuso al pubblico, e il Museo Egizio di piazza Tahrir del Cairo, dove – in occasione dell’ultima tournée internazionale organizzata per la mostra “King Tut. Treasures of the Golden Pharaoh” – osserveremo a pochi centimetri di distanza gli oggetti del tesoro del faraone e i passaggi più impegnativi e poco noti del backstage della mostra, come lo spostamento dell’imponente Statua del Guardiano del Re in legno dipinto e dorato, mai più mossa da quando Carter l’aveva inviata da Luxor al Cairo alla fine degli anni ’20.
Grazie a uno dei più ricchi archivi fotografici privati del mondo dedicati al tesoro e grazie a materiali fotografici e cinematografici originali raccolti tra il Metropolitan Museum di New York e il Griffith Institute di Oxford, gli spettatori potranno rivivere i momenti più emozionanti della scoperta di Carter, l’eco della celebre maledizione di Tutankhamon, i frammenti della storia del giovane faraone: un ragazzino elevato al rango di semidio, morto prematuramente e accompagnato in una tomba di fortuna per intraprendere il viaggio attraverso l’eternità insieme al suo ricchissimo corredo funerario.
Dopo un regno effimero, Tutankhamon morì nel 1323 a. C. e venne ben presto dimenticato. Ma per un intreccio di casualità, 3342 anni dopo la sua sepoltura, il suo nome è diventato, tra quello dei faraoni dell’antico Egitto, l’unico capace di travalicare ogni confine, guadagnando una forma di eternità del tutto inattesa: quella della celebrità.
Il racconto storico permetterà di arrivare anche all’epoca contemporanea quando il celebre archeologo Zahi Hawass, Ministro delle Antichità Egizie fino al 2011, trasformò il Golden Boy in un ambasciatore d’Egitto nel mondo. Fu in quegli anni che per la prima volta venne fatta una TAC alla mummia del faraone per indagarne le cause della morte: proprio alle scansioni di quelle TAC è stato concesso l’accesso esclusivo in occasione del docu-film.
Saranno le fotografie ad altissima risoluzione di Sandro Vannini, fotografo tra i più prolifici del tesoro di Tutankhamon e unico ad aver avuto accesso al tesoro liberato dalle sue vetrine prima della partenza della tournée della mostra “King Tut. Treasures of the Golden Pharaoh”, a raccontare come gli oggetti danneggiati nel corso della Rivoluzione del 2011 abbiano recuperato le loro fattezze originarie grazie al sapiente lavoro dei restauratori:
il lavoro di Vannini è basato principalmente su tecnologie digitali sofisticate e d’avanguardia che, applicate alla ricostruzione virtuale, alla fotografia e alle riprese video, rappresentano la nuova frontiera della narrazione e della descrizione dei Patrimoni Artistici e Culturali.
Attraverso le spettacolari e rivoluzionarie fotografie di Vannini si snoda anche la ricostruzione di stralci della vita e del rituale funebre del faraone della XVIII dinastia.
Secondo gli egizi, l’eternità di un uomo finirà soltanto quando non ci sarà più nessuno al mondo a pronunciare il suo nome. Ma la maschera d’oro di Tutankhamon e il suo nome rimangono e rimarranno ben incisi e vivi nella memoria dell’umanità. E continueranno ad essere pronunciati ad alta voce, come accade in questo film.
Articolo pubblicato il giorno 5 Maggio 2022 - 10:28