Benevento, società fittizie in Bulgaria per evadere il fisco: danno da 69 milioni di euro. Le indagini sono iniziate nel febbraio 2019
Associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, bancarotta fraudolenta e omessa dichiarazione: sono questi i reati contestati, a vario titolo, a 26 persone nei confronti delle quali sono stati adottati provvedimenti cautelari, su disposizione della Procura della Repubblica di Benevento, ed eseguito dalla guardia di finanza nel capoluogo sannita e nelle province di Benevento, Avellino, Roma, Milano, Napoli, Cosenza e Varese, nonché in territorio bulgaro (Sofia e Plovdiv). All’erario sarebbero stati sottratti in totale oltre 69 milioni di euro.
Nello specifico sono stati disposti: divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale e di imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, per 12 mesi, nei confronti di 8 persone, professionisti e imprenditori sanniti e della Valle Telesina operanti nel settore turistico-alberghiero, edile e della grande distribuzione alimentare; sequestro preventivo dell’intera azienda di una nota struttura ricettiva cittadina, dei beni aziendali strumentali all’esercizio dell’attività alberghiera, nonché dei titoli abilitativi e di due appartamenti ubicati sempre in Benevento; sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, di denaro, beni immobili e altri beni patrimoniali nella disponibilità dei 26 indagati, fino alla concorrenza del valore di circa 11 milioni di euro; “congelamento” in Bulgaria della titolarità delle quote delle società bulgare utilizzate per le operazioni contestate (attività ancora in corso).
Le indagini sono iniziate nel febbraio 2019 quando sono emerse – si legge in una nota – “in esito ad un’attività infoinvestigativa svolta su una importante struttura alberghiera del capoluogo sannita, significative anomalie fiscali in relazione alle posizioni delle persone fisiche e giuridiche riconducibili alla struttura, gestita da un gruppo familiare costituito da un noto professionista beneventano e dai suoi due figli”.
“Il modus operandi adottato dagli indagati – ancora la nota – è stato caratterizzato dal sistematico trasferimento in Bulgaria di società italiane, che pur mantenendo la medesima denominazione, sono state trasformate in imprese bulgare di diritto locale. Nello specifico, si ritiene che le società di diritto italiano (gravate da onerosi debiti erariali) venivano preliminarmente “svuotate”, attraverso operazioni di alienazione di immobili e crediti, poste in essere nel periodo immediatamente antecedente il trasferimento in Bulgaria. Le stesse, poi, ormai svuotate di elementi attivi, venivano quindi cancellate dal Registro delle Imprese nazionale per trasferimento all’estero.
Le società trasferite, divenute soggetti di diritto bulgaro, mantenevano la stessa denominazione delle società italiane al fine di rimanere visibili ai creditori in Italia; le stesse, di fatto, risultavano tuttavia irreperibili presso le sedi bulgare dichiarate ed apparivano fraudolentemente ancora operative e solvibili attraverso l’accensione di conti in quel paese, in realtà non movimentati se non per il versamento del solo capitale sociale. In tal modo gli imprenditori italiani continuavano – di fatto – ad operare in Italia con neocostituite imprese (alle quali erano stati ceduti i compendi delle società trasferite) aventi il medesimo oggetto del clone estero”.
Per svolgere indagini in maniera approfondita “il contesto investigativo si è esteso oltre i confini nazionali con la costituzione di una Squadra investigativa comune Italia-Bulgaria, quale strumento di cooperazione internazionale patrocinato da Eurojust – tra la Procura della Repubblica di Benevento e la Procura della Corte Suprema di Cassazione della Bulgaria, finalizzata ad ottenere e condividere informazioni ed elementi di prova nell’ambito delle investigazioni in corso”.
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