Venerdì 27 maggio alle ore 18,30, sarà inaugurata la mostra personale di Luigi Caravano dal titolo Volevo solo giocare con voi.
L’esposizione si iscrive nel programma di promozione delle nuove personalità artistiche, progetto che da anni il Museo-FRaC Baronissi conduce nell’ambito dell’area salernitana e regionale. Questa dedicata a Luigi Caravano offre un primo nutrito spaccato della recente produzione creativa di questo giovane artista salernitano, concentrata soprattutto sui tre cicli che hanno connotato il suo lavoro, nel corso del lungo periodo della pandemia COVID19: in ordine “Box” avviato nel 2020, “Into” e “Circle”.
“L’estrema essenzialità del segno di Luigi Caravano – scrive Massimo Bignardi nel testo introduttivo al catalogo pubblicato da Gutenberg Edizioni –, traduce l’inquietudine, l’incertezza, la solitudine che sono specchio nero della surmodernité: essenzialità, che ben si palesava nei lavori esposti dal Nostro, nel 2019, in occasione della personale “Float”, promossa a Salerno dalla Galleria Studio Legale.
In essi, Caravano lascia che il segno si muova libero come un funambolo, sospeso sulla corda tesa tra la composizione convenzionale della scrittura e i registri immaginifici del disegno, in parole povere con il processo d’astrazione che le è propria.
È chiaro il processo di sintesi che l’artista ha operato sul proprio linguaggio: dal confronto con i lavori precedenti, penso, ad esempio, al dittico Il gioco delle piccole cose, una tecnica mista su plexiglass, del 2010, esposto con altri dipinti, in occasione della prima mostra personale, allestita al Centro Einaudi di Salerno e curata da Alfonso Amendola, si evince come egli abbia avvertito la necessità di un diverso spartito narrativo, insomma che il segno non fosse urlato alla maniera dei writings, parlo di quelli originali e non dei nostrani muralisti-iperrealisti.
Ciò l’ha portato a preferire una narrazione per cicli che gli consente di tenere insieme due aspetti che sollecitano, maggiormente, i suoi interessi. Se da un lato la scrittura origina rivoli d’acqua che vivificano una personalità sostanzialmente poco incline ad aprirsi, scegliendo, a volte, l’ermetismo del foglio completamente bianco o nero – come si registra nel ciclo “Box” che prende avvio nel 2020 –, dall’altro il segno astratto ci priva di qualsiasi approccio referenziale.
È un segno che affiora in superficie, trascrivendo la leggerezza di una traccia che ci parla di esistenza, vale a dire espressione di una reazione, parafrasando Calvino, “al peso di vivere”.
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