Due odi latine inedite, composte nel periodo napoletano (1532-1536), dal più grande poeta spagnolo della storia, Garcilaso de la Vega, sono state ritrovate all’interno di un’antologia di poeti italiani del Cinquecento conservata presso una biblioteca della Repubblica Ceca.
Il clamoroso ritrovamento, di grande importanza per gli studiosi di letteratura spagnola e non solo, è stato annunciato dalla giovane filologa inglese dell’Università di Oxford, Maria Czepiel, non a caso proprio a Napoli la città in cui Garcilaso de la Vega, al seguito del viceré don Pedro de Toledo, aveva rivoluzionato la sua poetica e il futuro della lirica spagnola con le contaminazioni del classicismo oraziano e la lettura di alcuni fra i più grandi poeti del Cinquecento italiano, innanzitutto Jacopo Sannazaro.
L’annuncio di questa grande scoperta è arrivato all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli durante il convegno internazionale “El clasicismo horaciano en el contexto italiano de Garcilaso de la Vega” organizzato da Maria D’Agostino, professore ordinario di Letteratura spagnola presso l’Ateneo napoletano, nell’ambito del Progetto di ricerca internazionale Pronapoli diretto da Eugenia Fosalba dell’Università di Girona (info su http://www.pronapoli.com).
Il progetto, nato nel 2015 e finanziato dal governo spagnolo, conta sulla partecipazione di un nutrito gruppo di studiosi di diverse discipline provenienti da diverse università europee e si pone quale principale obiettivo lo studio della temperie culturale della Napoli della prima metà del Cinquecento per ricostruire al meglio il contesto nel quale videro la luce le opere più significative di Garcilaso de la Vega.
“In particolare le ricerche realizzate negli ultimi due anni – racconta Maria D’Agostino – si sono concentrate sullo studio delle opere di Garcilaso di ispirazione classica, principalmente oraziana”.
Proprio su questi temi fra le mura della cittadella di Suor Orsola si sono confrontati i massimi studiosi dell’opera del grande poeta spagnolo (Antonio Gargano, Bienvenido Morros, Roland Béhar e la stessa Eugenia Fosalba) e classicisti, come Giancarlo Abbamonte, Rodney Lokaj, Rosario Cortés Tovar, congiuntamente a studiosi di letteratura italiana e spagnola di rilievo internazionale come Tobia Toscano, Claudia Corfiati, Flavia Gherardi, Manuel Ángel Candelas Colodrón, Clara Marías, tutti impegnati nella ricostruzione delle trame che permisero a Garcilaso de la Vega di appropriarsi del dettato lirico e della riflessione teorica sulla poesia oraziana.
“Furono in particolare gli amici napoletani Tansillo, Minturno e il ‘culto Tasso’, oltre ad un vasto numero di poeti e intellettuali che frequentavano le riunioni dell’Accademia Pontaniana in casa di Scipione Capece, a stimolare il genio assoluto del poeta toledano inducendolo a rinnovare definitivamente il linguaggio poetico spagnolo, un linguaggio in cui modello petrarchesco e modelli classici finirono per assumere una valenza equivalente nella sua produzione lirica
”.Così la professoressa D’Agostino ricostruisce il desiderio di Garcilaso di rifondare la poesia spagnola anche sul versante della classicità. “Un desiderio espresso in particolare – evidenzia la D’Agostino – in un sonetto dedicato alla nobildonna Maria de Cardona, un testo programmatico, in cui il poeta, oltre a celebrare il sodalizio con i dolci amici napoletani più su menzionati, esplicita con una metafora, di volere deviare il corso del fiume Tajo, affinché bagni terreni ancora sterili, vale a dire quelli dei generi neoclassici che nessuno aveva ancora tentato in lingua spagnola, come è il caso dell’ode ma anche dell’epistola”.
La realizzazione di questa deviazione, volta a fertilizzare campi nuovi, passa anche per la lettura attenta di Orazio e presumibilmente dei commenti alla poesia e alla poetica del poeta di Venosa realizzati, e pubblicati nella capitale del Regno da autori del calibro di Parrasio, la cui biblioteca, ricca di manoscritti recanti testi del poeta di Venosa ed ereditata dai Seripando, era conservata presso il complesso di San Giovanni a Carbonara.
Oltre a misurarsi in spagnolo con i principali generi della poesia classica, Garcilaso scrisse durante il suo soggiorno napoletano anche odi in latino. “Ad oggi si conoscevano tre odi latine del gran toledano ma era noto anche che il corpus originario doveva essere più vasto – chiarisce Maria D’Agostino – ed in particolare, dalla corrispondenza di Pietro Bembo, si sapeva che il cardinale aveva ricevuto tramite Girolamo Seripando, alcune odi latine di Garcilaso, una delle quali a lui dedicata”.
Di questi testi tuttavia si erano perse le tracce fino a quando, nel corso del convegno napoletano, la giovane studiosa dell’Università di Oxford, Maria Czepiel, ha annunciato il ritrovamento di due odi latine del più grande poeta spagnolo, una delle quali è proprio quella dedicata al cardinale Bembo.
Maria Czepiel ha raccontato di avere trovato i testi per caso in un volume a stampa che raccoglie testi in latino di poeti italiani del Cinquecento conservato presso una biblioteca della Repubblica Ceca. Un’antologia che nelle pagine finali attesta manoscritti alcuni componimenti, molti di autori spagnoli.
Ed è fra questi testi che si trovano le due odi di Garcilaso, quella dedicata al Bembo, ed un’altra, indirizzata all’umanista tedesco Brassicanus, della quale non si aveva notizia alcuna. Il volume potrebbe provenire dalla città di Alcalá de Henares, forse dagli ambienti universitari, ipotesi avanzata dalla studiosa sulla base di un aneddoto narrato dal copista e legato ad una visita ad Alcalá di Andrea Navagero.
Oltre alle due odi inedite, il testimone rinvenuto dalla studiosa riporta anche le tre odi già note del poeta toledano che, stando alle sue dichiarazioni, sono attestate in versioni più corrette e complete di quelle finora note. La giovane studiosa ha illustrato in anteprima mondiale nel corso del suo intervento al Convegno dell’Università Suor Orsola Benincasa i due testi ritrovati, che saranno pubblicati nel corso del prossimo autunno (ecco il link diretto al suo intervento: https://youtu.be/gtRqefqsdxE).
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